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Carambula che sorpresa, è il re di Copacabana

L'azzurro conquista il pubblico con la sua battuta skyball e senza avere il physique du rôle

A sinistra Adrian Carambula, a destra il compagno nella squadra di beach volley, Alex Ranghieri
A sinistra Adrian Carambula, a destra il compagno nella squadra di beach volley, Alex Ranghieri

Sembra quasi di sentire le parole di Paolo Conte in Sudamerica. "Il giorno tropicale era un sudario, davanti ai grattacieli era un sipario, campa decentemente e intanto spera, di essere prossimamente milionario. L'uomo ch'è venuto da lontano ha la genialità di uno Schiaffino, ma religiosamente tocca il pane e guarda le sue stelle uruguaiane". Non batte al salto, non batte lungo, lui batte da sotto, come i bambini, e poi la palla si perde in quello spazio incerto, controluce, tra il cielo è il sole, solo che poi ritorna giù, ruotando su se stessa, e piomba oscillando sulla sabbia, dove gli avversari possono solo sperare di toccarla. È la skyball e l'uomo che stupisce e incanta tutti gli spettatori del beach volley è il signor Adrian Ignacio Carambula Raurich di Montevideo, uruguaiano per nascita, azzurro Italia per bandiera. Sua nonna, come Paolo Conte, è piemontese, non di Asti però, ma di Torino.

Adrian è un atipico, forse non ha i fondamentali della pallavolo e neppure l'altezza, ma si è inventato fuoriclasse sulla sabbia. Non era in origine il suo sport. Carambula doveva diventare un goleador del calcio. Ci sono sue foto con la maglia pulcini dell'Urreta, società giovanile del quartiere la Blanqueada di Montevideo. Gioca in attacco, nel più classico dei 4-4-2, e l'altra punta, già con i dentoni e la rabbia del gol, è Luis Suarez, quello del Barcellona, quello che ha morso Chiellini al Mondiale. Solo che a 13 Adrian lascia Montevideo e va con la famiglia a Miami, il padre apre un'impresa di pulizie. "Non trovavo nessuno con cui giocare a calcio. Vedevo tutti questi che giocavano a beach volley e li stavo a guardare". S'impara anche da qui, dalla strada, anzi dalla sabbia. Si scopre l'Italia, da oriundo, e si indossa una maglia azzurra che ti porta a Rio.

La fortuna è incontrare qualcuno che è il tuo opposto. Alex Ranghieri non punta il cielo. Lo ferma. È un muro. Salta un metro da fermo nella sabbia. Ha braccia grandi e forti e insieme sono una coppia che fa paura, perché i punti deboli sono pochi. Adrian seduce, incanta, fa spettacolo dentro e fuori dal campo, Alex è riservato, preciso, quasi maniacale. "Per fare coppia sono andato a trovarlo a Miami. Se ne stava beatamente in spiaggia con l'acqua di cocco in mano e mangiava come un lupo. Insomma, lui non è mai stato un atleta, non ha mai dovuto rispettare certe regole. Io dietro ho esperienza con l'indoor, una serie A, lui invece è nato sulla spiaggia".

Sono la classica strana coppia. L'uruguaiano è Walter Matthau, l'italiano è Jack Lemmon. In questi casi il segreto è dare spazio all'altro senza perdere identità, senza cannibalizzarsi: "Siamo due numeri uno ma dobbiamo pensare da numeri due". Questa è la formula della salvezza, quella che ti permette di essere una coppia nello sport e in qualsiasi professione.

E poi c'è la skyball, un'invenzione pop. È l'incrocio della realtà con i manga giapponesi, con Shiro e Mila, con quella storia che Adrian avrà visto da bambino.

La skyball ricorda la battuta a volo di rondine di Nami Hayase, il genio della ricezione.

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