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Clinica del doping inglese Medico conferma la «talpa»

Lorenzo AmusoLondra Un medico senza scrupoli, 150 atleti senza remore etiche. Lo sport britannico trema dopo le rivelazioni di pratiche dopanti utilizzate da decine di campioni. Provenienti - questa la novità - da tutti gli sport: non solo atletica o ciclismo, ma anche stelle della Premier League (Arsenal, Chelsea e Leicester) e tennisti. La denuncia del Sunday Times ruota attorno alle confessioni, estorte a sua insaputa, di un personaggio molto chiacchierato, Mark Bonar. Contattato da un finto aspirante atleta, il medico londinese - che si è affrettato a smentire tutto - ha raccontato di aver prescritto per sei anni sostanze dopanti ad atleti inglesi ma non solo. Per il momento non è trapelato alcun nome, ma il ministro per lo Sport John Whittingdale ha annunciato l'apertura di un'inchiesta sull'operato dell'agenzia antidoping britannica (Ukad). Il sospetto è che la Ukad non sia intervenuta quando nel 2014 un atleta, trovato positivo e poi squalificato, aveva rivelato i programmi dopanti della clinica londinese. Contattato dalla Bbc, Bonar ha sì confermato di aver lavorato con atleti professionisti, utilizzando però solo sostanze «non proibite». Non si è fatta attendere le replica di chi si è sentito tirato in ballo. Nonostante Bonar abbia dichiarato di essere stato contattato dai giocatori a titolo personale, Arsenal e Chelsea hanno chiesto che venga fatta chiarezza. Aleggia un sospetto sul mondo sportivo della nazione che di più - almeno sui media - ha combattuto il doping. Ma che stranamente ha sempre avuto un occhio di riguardo verso i suoi atleti, da Chris Froome a Paula Radcliffe fino a Mo Farah.

Campioni, ambiguità e strane coincidenze.

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