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Colbrelli come Eriksen. Passata la grande paura ma carriera a rischio

Problema cardiaco per Sonny. Il medico non esclude nulla: "Bisogna avere pazienza..."

Colbrelli come Eriksen. Passata la grande paura ma carriera a rischio

L'uomo Sonny Colbrelli sta molto meglio, per il corridore si vedrà. Scampato pericolo per il 31enne corridore bresciano che lunedì pomeriggio, nella prima tappa della Volta Catalunya (ieri piccolo fuori programma con brivido: breve taglio in autostrada e tre corridori finiscono contromano, non il massimo... ndr), ha ottenuto un 2° posto nello sprint di Sant Feliu de Guíxols alle spalle di Michael Matthews, e poi è stato vittima di una grave mancamento, cadendo come corpo morto cade privo di sensi.

Quello che in un primo momento è stato raccontato dal team Bahrain come un semplice collasso, è stato categoricamente smentito qualche ora dopo dallo staff medico della corsa che in serata ha dato la versione ufficiale di quanto accaduto dopo il traguardo. «Ha sofferto un episodio di perdita di conoscenza con convulsioni e successivo arresto cardio-respiratorio. Immediatamente, è stato assistito dal servizio medico attraverso rianimazione cardiopolmonare e defribillatore», insomma, non proprio una passeggiata.

Non un semplice mancamento, ma una situazione molto più complessa che necessita di approfonditi esami diagnostici, presso l'ospedale Universitario di Girona, dove Sonny Colbrelli è stato ricoverato con tempestività lunedì sera. E non è un caso che ieri pomeriggio il team abbia sentito l'esigenza di ringraziare tutti per l'operato. «Il team desidera ringraziare Borja Saenz de Cos - Infermiere di emergenza presso Sistema d'Emergencies Mediques (Servizio di emergenza catalano) - per la sua pronta assistenza al traguardo di ieri e per aver supportato il nostro personale medico nella gestione dell'incidente».

L'altra sera, dopo aver in parte assorbito la grande paura, Sonny ha inviato a parenti e amici vocali per tranquillizzare tutti. «C'è bisogno di pazienza e, soprattutto, di capire», questo in sintesi il messaggio del corridore, che ieri dopo essersi sottoposto ad una serie di esami di seconda serie con il dottore societario Daniele Zaccaria, ha seguito la seconda tappa della Vuelta Catalonya. «Sono arrivato all'una di notte l'altra sera e mi creda, non è stato facile ricostruire ciò che era successo: sono partito da Malpensa che si parlava di epilessia e sono arrivato qua che era un problema cardiaco. L'importante è che Sonny sta bene. La prima cosa che mi ha detto? Era dispiaciuto d'aver perso lo sprint. Ricostruire quanto successo non è stato facile, ma ci ha aiutato l'infermiere il suo angelo custode - che gli ha applicato il defibrillatore e mi ha chiarito la dinamica di tutto. Abbiamo chiesto il tracciato del defibrillatore, che ci arriverà tra qualche giorno. In ogni caso gli enzimi cardiaci erano ok, non c'erano squilibri elettrolitici e anche l'elettrocardiogramma era regolare. Oggi (ieri per chi legge, ndr) hanno ripetuto ulteriori accertamenti che non hanno rilevato niente». Il Covid può aver influito? «Al momento non possiamo dire nulla. Indagini mirati a livello ematico non hanno evidenziato per il momento nulla, tipo un rialzo della troponina che è un enzima cardiaco che indica la sofferenza dovuta dalla miocardite, ma ieri era normale. Domani faremo anche la risonanza magnetica». Ci consenta un domandone: Sonny rischia di non tornare più alle corse? «È la domanda che si sta facendo anche lui, ed è presto per risponderle. L'esempio lampante è Eriksen: è tornato a giocare, ma non in Italia. Dipende dalla identificazione della causa sottostante. Se è una cosa risolvibile, bene; se invece c'è qualcosa di concreto, allora la storia è molto diversa. Siamo solo alle prime pagine di un libro ancora tutto da scrivere: giriamo una pagina alla volta».

Bisogna avere pazienza, dopo tanta velocità che ha di fatto salvato la vita a Sonny. Ora bisogna capire le cause di questo black-out, che potrebbe anche sancire la fine della carriera di Colbrelli. La vicenda di Christian Eriksen, giocatore danese e dell'Inter, è lì a testimoniarlo: qui in Italia avere un'abilitazione sportiva non è semplice. Le maglie sono molto più strette che altrove. All'estero è molto più facile: tanto è vero che Eriksen ha dovuto lasciare l'Inter, mentre può giocare nel Brentford, in Inghilterra.

Bisogna avere pazienza e, soprattutto, avere a cuore la salute di un ragazzo di appena 31 anni.

La vita del corridore è a rischio? Molto meglio non fargli più rischiare la vita.

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