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De Vlaeminck, 70 anni da ribelle «I ciclisti oggi? Impiegati del catasto»

«Sagan l'unico che mi assomiglia. In Italia salvo solo Nibali»

De Vlaeminck, 70 anni da ribelle «I ciclisti oggi? Impiegati del catasto»

Da corridore ha sempre fatto orecchi da mercante. È sempre stato un tipo un po' particolare Roger De Vlaeminck e adesso che taglia il traguardo dei 70 anni, fatica solo a comprendere bene le nostre domande: l'udito non è più quello dei tempi migliori. «Ma è l'unico vero acciacco che ho», dice con orgoglio dall'altro capo del telefono l'ex corridore fiammingo, uno dei più vincenti e spettacolari cacciatori di classiche degli anni Settanta. «Come mi sento? Bene, anche se gli anni sono volati via come un gruppo in piena corsa - dice -. Esco ancora in bicicletta: tre volte alla settimana. L'altro ieri ho fatto sessanta chilometri, a 29 di media. Passeggiate per stare in forma, in movimento. Nulla di agonistico, con la competizione ho chiuso da tempo».

Da anni Roger vive a Kaprijke, nella sua villetta in mattoni sperduta tra le stradine di campagna attorno a Eeeklo, la sua città natale. «Vivo qui con la mia seconda moglie, Katty ci racconta e con Eddy, mio figlio, che compirà 17 anni. L'ho chiamato come Merckx perché mi è sempre piaciuto questo nome e poi perché Eddy è stato davvero un amico. Mi ha chiamato anche questa mattina (ieri per chi legge, ndr), per scusarsi: non ha potuto essere presente alla festa di compleanno che mi hanno organizzato l'altro giorno. Eravamo in 46. Però mi ha promesso che tra un paio di giorni viene qui per andare a cena assieme. Amici italiani? Tanti, tantissimi, il vostro Paese è il più bello del mondo, ci vengo sempre volentieri. Un mese e mezzo fa sono andato a Torino, a trovare Gios, il mio vecchio costruttore di biciclette, con me anche Ercole Gualazzini, Fabrizio Fabbri, Attilio Rota: cari amici».

Tipo originale Roger, anche nei festeggiamenti: il compleanno è oggi e lui l'ha festeggiato con due giorni di anticipo, alla faccia della scaramanzia. «Si festeggia quando c'è il tempo per farlo», taglia corto. Settant'anni, per uno dei più formidabili cacciatori di classiche della storia. Quattro successi alla Roubaix, eguagliati da Boonen solo nel 2012. «Il mio record è durato la bellezza di 34 anni, però penso di non avere nulla a che spartire con lui. Chi mi assomiglia oggi? Forse un po' Peter Sagan, che è l'unico che ha un certo piglio, una certa fantasia, un modo originale e personale di interpretare le corse. Tutti gli altri sono degli impiegati del catasto prestati alle due ruote, che fanno in maniera diligente il compitino senza lode e senza infamia. Tra gli italiani? Salvo solo Vincenzo Nibali: classe, temperamento, fantasia».

De Vlaeminck non conosce l'arte della diplomazia, mai frequentata. È un tipo diretto, anticonformista e allergico ai protagonismi. Per tutti è monsieur Roubaix, ma per il ciclismo è molto di più. Sei Tirreno-Adriatico, tre Sanremo, due Lombardia, un Fiandre e una Liegi. Ha corso su strada, su pista e sui prati del cross, disputando 1.510 corse e vincendone 509: una su tre.

«Ho corso tanto e ho vinto moltissimo spiega -. Avrei anche potuto vincere di più, come dicevano i miei tecnici, Franco Cribiori e Piero Pieroni su tutti. Però io ero fatto alla mia maniera: se una mattina mi alzavo con la luna storta non c'era verso. Soprattutto soffrivo i grandi Giri: dopo una settimana, infatti, saltavo di testa. Mi mancava la giusta concentrazione, soprattutto cedevo sotto il peso dello stress e della pressione. Nelle corse di un giorno invece non mi sono mai sentito inferiore a nessuno, nemmeno a Merckx».

Un'ultima domanda: le piace Chris Froome? «Chi? Non sento, non sento bene».

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