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Ecco la ricetta per la crisi dell'ippica: tassare solo il "margine"

Prelievo fiscale sulla differenza tra somme giocate e vincite corrisposte. E l'aliquota legata alla raccolta

Ecco la ricetta per la crisi dell'ippica: tassare solo il "margine"

Ogni giorno che passa senza che nessuno muova un dito per l'ippica italiana è un giorno perso. Il perché lo abbiamo visto ieri: il mondo dei cavalli vive di scommesse e negli ultimi anni il fatturato di queste ultime è colato a picco. L'emorragia di giocatori è costante, la pressione fiscale - soprattutto sulle giocate a quota fissa - rende il prodotto non concorrenziale rispetto agli altri giochi (in primis le scommesse sportive), con la conseguenza che le quote offerte non possono essere allettanti e quindi sempre più persone finiscono per rivolgersi ad altre piattaforme o smettono di giocare.

Eppure qualcosa si potrebbe ancora fare, il paziente è gravissimo ma non è ancora morto. E una cura probabilmente esiste. In Francia, ad esempio, per tutelare la storica tradizione dell'ippica ad ogni nuovo gioco introdotto nelle sale scommesse hanno applicato una piccola percentuale da destinare alle corse. Potevamo pensarci anche noi, ma ormai è tardi: nella situazione attuale servono provvedimenti che abbiano un impatto forte e non semplici palliativi.

Per la prima volta, con colpevole ritardo, un mondo da sempre frammentato in decine di sigle e di associazioni diverse riesce a parlare con una sola voce e lo fa proponendo una revisione della normativa. L'Associazione Nazionale Ippodromi, la Federippodromi, l'Unione Nazionale Ippodromi, il Sindacato Concessionari e tutti i bookmakers più importanti (Snai, Sisal, Lottomatica, Bet365, Betflag, Eurobet, Gamenet-Intralot, Isibet e Hbg) chiedono un'inversione di rotta.

Nella fattispecie questi operatori propongono che ad essere tassato sia il cosiddetto «margine», ossia la differenza tra le somme giocate e le vincite corrisposte, nella misura del 33% sulla rete fisica e del 37% nel gioco a distanza, ossia tramite internet. Chiedono inoltre di legare l'aliquota alla raccolta, e quindi di prevederne una diminuzione in caso di risultati particolarmente positivi: rispettivamente al 28% e al 32% qualora nei 12 mesi precedenti la raccolta abbia superato i 500 milioni, e al 23% e al 27% qualora abbia superato i 1000 milioni.

L'ultima richiesta riguarda i «programmi complementari», ossia la possibilità per i bookmakers di tenere gioco (come nello sport) su qualsiasi evento ippico anche fuori da quanto proposto nel palinsesto di Agenzia Dogane e Monopoli che in caso di approvazione della legge dovrebbe regolarne tempestivamente le modalità. Oggi le corse dei cavalli sono concentrate in una fascia ristretta delle 24 ore: ampliare l'offerta aiuterebbe a coprirle meglio recuperando giocatori che oggi si rivolgono al mercato online su piattaforme straniere.

Si stima che interventi del genere consentirebbero, dopo una prima fase di riassestamento, di arrivare almeno a triplicare il fatturato. Il gettito conseguito resterebbe destinato per il 25% all'Imposta Unica, mentre il restante 75% verrebbe ridistribuito alla filiera attraverso il finanziamento dei montepremi, degli impianti, delle immagini delle corse e delle provvidenze per l'allevamento dei cavalli: ossigeno per chi oggi sta boccheggiando.

Il tentativo di inserire tutte queste innovazioni nella Legge di Stabilità 2017 non è andato a buon fine. Se Renzi avesse vinto il referendum sarebbe rimasto in sella e ci sarebbe stato tempo per discutere nel merito degli emendamenti, mentre il governo dimissionario ha dovuto approvarne in fretta e furia una versione ridotta all'osso. Ciononostante, non è detto che l'ippica abbia perso un altro anno: la delega per una riforma infatti già esiste ed contenuta (al terzo comma) nell'articolo 15 della legge 154/2016, il cosiddetto «Collegato Agricolo».

Teoricamente esisterebbe pure uno strumento giuridico ad hoc, ossia il comma 650 della Legge di Stabilità 2015 che prevede «l'adozione di ogni misura utile di sostegno» per i giochi pubblici che abbiano fatto registrare una perdita di raccolta e di gettito erariale non inferiore al 15% all'anno nell'ultimo triennio. Fu usato per il Superenalotto, ad esempio. Il problema è che l'ippica almeno formalmente non rientra in questi parametri avendo perso rispettivamente il 15%, il 9% e il 6%. Significa che c'è un miglioramento? No, significa che la maggior parte dei buoi sono già scappati dalla stalla..

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