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I gioielli di Don Rodrigo riportano a galla l'Inter

Palacio con gol e assist nasconde i problemi nerazzurri. Pescara inesistente, Strama torna a vincere dopo un mese

I gioielli di Don Rodrigo riportano a galla l'Inter

Milano - Il Don Rodrigo di Stramaccioni, che solo casualmente fa rima con Manzoni, ha spiegato che il calcio è tecnica, bravura, gioco da killer con il piede raffinato. E l'Inter è tornata a vincere dopo un mese e una serie di papere calcistiche. Rodrigo Palacio ieri ha scaldato i cuori della sua gente, ma soprattutto ha ricamato il calcio che piace, con la disinvolta angheria di un Don Rodrigo. Non segnava da novembre, si è rifatto con gli interessi: un gol e assist-gol. All'Inter sono pochi a tenergli dietro, il calcio nerazzurro è un mix di potenzialità ma anche di scarsa qualità. Stavolta contava vincere. Vabbè!
Per una buona mezzora qualcuno avrà pensato che la bontà tecnica della partita stava in tribuna: Sneijder, in romantico revival nerazzurro e in attesa di alternative al Galatasaray, e Verratti venuto da Parigi per godersi la sua ex squadra. In realtà il campo metteva in imbarazzo il pedigrèe dell'Inter e anche le convinzioni di Stramax («Siamo grandi») e diceva che il Pescara è una compagnia di valorosi volontari dell'arte pallonara: gran correre, discreta qualità, un po' di confusione da centrocampo in su e due colossi alla moviola (Terlizzi e Capuano) in mezzo all'area. L'Inter ha messo un po' a capire dove poteva andare a far male, ma quando Cassano e Palacio hanno innestato il loro giocare di scuola e classe superiore, tutto è stato più chiaro per la gente nerazzurra. Ed anche l'infreddolita, e scarsa (3892 paganti), truppa delle tribune ha tirato qualche sospiro di sollievo.
Si dirà Inter in emergenza: troppi convalescenti ed infortunati, il centrocampo affidato a Zanetti playmaker (avete letto bene) e a Marco Benassi che, quando il capitano nerazzurro venne in Italia, non aveva ancora compiuto un anno essendo nato il 5 maggio (data non proprio fausta per gli interisti) 1994. Però Benassi può andare oltre alla scarsa buona fortuna della data. Sarà da scoprire, perché ieri sera ha fatto intendere che se questa è next generation non c'è da pensare in grande: ottimo contrista, ma poco più. Magari un po' intimidito, d'accordo. Ma non meglio di un Mariga e non è il Marrone che gioca nella Juve. Probabilmente il problema stava più nell'Inter che nelle qualità del ragazzino. Infatti la Nerazzurra è stata squadra di rango solo quando la palla è finita nei piedi dei suoi uomini di qualità. Azioni in verticale ad infilare gli spazi e Palacio in agguato. La prima volta, dopo sei minuti, gli è andata male di un niente. Alla seconda è toccato a Cassano buttar via l'occasione calciando una palletta. Alla terza tutto è filato liscio. Palla in verticale, Cassano smarca l'argentino: finta, aggiramento e tiro come un ricamo.
Ecco questo è calcio. Il resto un arruffato affannarsi con Jonathan e Pereira a correre sulle fasce. Ma se il brasiliano pareva il solito calciatore per caso, che ha provato perfino il tiro gol nel secondo tempo, l'uruguaiano si è sfiancato: sbagliando tanto e provando altrettanto. Ma questa è l'Inter e tanto deve bastare per vincere le partite. Il Pescara è stato un buon corista, magari più armonico nel modo di giocare, ma ha provato il primo tiro dopo 40 minuti (Colucci) e poi non ci ha più riprovato. Difficile impensierire così la non irresistibile difesa nerazzurra senza titolari. Certo, quella pescarese è anche peggio. E Palacio ci ha messo niente, ad inizio ripresa, a giocarsi tutti con la sua seta e un dribbling secco per servire facile facile, Guarin e il secondo gol interista. Udite, udite, azione nata da Jonathan che ha giocato la sua miglior partita e qui stanno eccezionalità della storia e fine della partita, che ha visto Cassano salutare con volto scuro.

Forse gli manca il gol.

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