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La Juve va in bianco ma il pari può bastare a giocarsela ad Atene

Il Barcellona risparmia Messi e centra un palo. La Signora non brilla e raccoglie un pari striminzito ma utile

La Juve va in bianco ma il pari può bastare a giocarsela ad Atene

Davide Pisoni

nostro inviato a Torino

La Juventus non chiude il capitolo qualificazione agli ottavi di finale e strappa uno scialbo zero a zero contro il Barcellona che rinuncia inizialmente a Messi. Sarà forse questo che ipnotizza la Signora, la intimidisce come se non si accorgesse che deve recitare sul palcoscenico europeo. Perché la Champions senza Messi è come la Formula 1 senza la Ferrari o è come andare al Louvre e non trovare la Gioconda, magari in gita ad Abu Dhabi alla filiale del museo francese. Fa strano il Barcellona senza la sua Pulce, gira voce di problemi legati al rinnovo del contratto anche se la società fa sapere che è una scelta tecnica e lo stesso ct dell'Argentina Sampaoli aveva detto che Leo avrebbe avuto bisogno di riposare.

Fa strano anche scambiare gli spagnoli o catalani di capitan Piquè (ops!) per la Roma con quella maglia giallorossa che è un insulto alla tradizione blaugrana. E però la squadra di Valverde è vera perché prende possesso della metà campo, si tiene la palla per il sessanta per cento del tempo e obbliga la Signora a stare sulle sue. Una Juventus che deve rinunciare a Chiellini per via della solita noia muscolare, che farà saltare a Giorgio anche il ritorno dopo la partita di andata al Camp Nou. Non vedere Messi stranisce più i bianconeri e l'Allianz Stadium che non sente la partita se non all'ingresso in campo con quello striscione dedicato a Mandzukic, tanto per far capire quali sono i valori all'ombra della Mole. Ma va in panchina il croato, che è l'emblema di quella fame che in questo momento non tutti i bianconeri danno l'impressione di avere, concetto su cui ha insistito Chiellini dopo il ko con la Sampdoria. Alex Sandro è uno di quelli che continua a dimostrare di non averne in una Juve che pensa più a rispettare le consegne di Allegri e si limita a qualche fiammata di Douglas Costa e Dybala. Ma la qualità non è assistita dalla precisione e soprattutto il Barcellona rispetto alla passata stagione è anche tremendamente equilibrato e concede davvero poco. In più il palo di Rakitic su punizione mette i brividi in una serata neppure fredda. E alla fine del primo tempo quando da Lisbona arriva la notizia del doppio vantaggio dello Sporting, un certo timore si sparge in tribuna: non basta più il pareggio, si deve vincere per non dover andare in Grecia dall'Olympiakos a prendersi la qualificazione. Ma è una Juve a tratti impotente e quando Messi si toglie la tuta anche i tifosi bianconeri applaudono. La Juve lascia sempre un senso di precarietà e quando Cuadrado dà strada libera a Digne i fischi del pubblico diventano realtà. Gli applausi sono invece per Iniesta. E quando esce Douglas Costa ed entra Matuidi si capisce che alla Juve e ad Allegri va bene il punticino. Striminzito anche se Ter Stegen in pieno recupero fa un prodigio sul sinistro di Dybala. Un'azione fotocopia del gol che l'argentino segnò sette mesi fa proprio al Barcellona, che poi è anche l'ultima sua rete in Champions. Quella era un'altra Joya che ieri si è accesa davvero solo quando ha visto entrare Messi. Soprattutto era un'altra Juventus. Questa si accontenta di un punticino che le lascia un piccolo vantaggio e obbliga lo Sporting Lisbona ad andare a vincere a Barcellona: sono però calcoli che è meglio non fare. In una settimana da incubo, tra Napoli e Inter, bisogna fare bottino pieno anche in Grecia per non rischiare beffe tipo Istanbul.

E magari per ritrovare anche la vecchia Signora che si è smarrita e non ha approfittato nemmeno di un Barcellona per un'ora senza Messi.

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