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L'oro di Giorgio e Manila splende sui muri del dolore

Minisini-Flamini vincono nel duo "misto" ai mondiali. Esecuzione da brividi dedicata al dramma dei migranti

L'oro di Giorgio e Manila splende sui muri del dolore

Il muro. Il muro può essere fatto di mattoni, di pietra, di filo spinato e può essere di niente e di tutto, il muro. Perché il muro talvolta è fisico, concreto, invalicabile come questo d'Ungheria che tiene lontani i disperati che migrano dal confine serbo. Ma il muro è anche invisibile, insidioso, ugualmente invalicabile quando a ergerlo sono i sorrisetti ironici e malevoli che accompagnano da anni imprese come quella, splendida, firmata ieri proprio a Budapest da Giorgio Minisini e Manila Flamini.

Hanno conquistato la medaglia d'oro nel duo misto sincronizzato, Giorgio e Manila. Medaglia storica in questa specialità tanto bella e coreografica da riempire sempre i palazzetti e però tanto femmina da non volerla interpretata dai maschi alle Olimpiadi. Hanno vinto ed emozionato facendo non vacillare due muri, sarebbe troppo bello, ma almeno costringendo molti fra noi e fra gli ungheresi a riflettere su quei muri. Perché ci vuole un discreto fegato a portare proprio a Budapest, in una disciplina che si affida ai giudici per il verdetto, un esercizio costruito sul tema dell'immigrazione. Così come ci vuole fegato, e Giorgio ne ha parecchio, a dedicarsi alle fatiche del sincronizzato sapendo che il mondo dello sport e il pubblico sportivo, magari sempre meno però sempre un po', storceranno il naso pensando che la disciplina sia tutta al femminile e che meglio sarebbe stata per lui una pratica più maschia.

Invece oro. E oro e applausi a un'esecuzione iniziata con l'urlo disperato di Giorgio («A scream from Lampedusa», il titolo del brano interpretato) e seguita da ondate di brividi sulla pelle. Perché non è un palco l'acqua di una piscina mondiale, bensì un'acqua sorella fortunata di quella che alimenta il mare tragico del Mediterraneo, e allora è un attimo salire su quel barcone ideale mimato e raccontato da Giorgio pronto a tuffarsi con in braccio Manila morta nella traversata. Una danza fra acqua e cielo, la loro, lunga quasi tre minuti, densa di energia e disperazione e sbattuta in faccia all'Ungheria del muro.

«All'inizio io muoio e ho gli occhi chiusi, da brividi l'applauso del pubblico» ha detto Manila, «riuscire a trasmettere il nostro messaggio è stata la cosa più bella» ha detto Giorgio. Quello che non hanno detto è che basta sorrisetti, basta occhiate da bar, l'uomo che danza nell'acqua come una donna è un campione da invidiare e applaudire punto e basta.

Se poi quell'uomo e quella donna, con tragica e fisica armonia, riescono anche a dare un calcetto ai troppi muri, allora la medaglia diventa storica per davvero.

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