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La vendetta di Maxi affonda anche l'Inter

Lopez anticipa Icardi e manda Moretti in gol al 94'. Una vittoria che il Torino aspettava da 27 anni. Nerazzurri lenti, tirano poco in porta, gli uomini di qualità sono fantasmi. Emergenza in difesa

La vendetta di Maxi affonda anche l'Inter

La vendetta di Maxi coinvolge tutta l'Inter. Il calcio è crudeltà, dice Mancini, ma anche verità. Se l'Inter non riesce mai a tirare in porta, poi il pallone ti punisce. Se la difesa imbuca la usuale toppata di qualità, c'è un Maxi che sgrulla via davanti al nemico d'amore (Wanda non era in tribuna) e manda Moretti in gol davanti alle solite statue marmoree nerazzurre. L'Inter perde ancora punti e occasioni, il terzo posto-Champions, nonostante l'ottimismo del tecnico, sta per diventare una barzelletta da raccontare (meglio pensare all'Europa League). Fino alla settimana scorsa, la squadra teneva botta dietro alla Juve nel raccogliere punti. Due partite e il raccolto è diventato gramigna. Meglio guardarsi anche alle spalle: destino della Milano del pallone. Otto punti dietro c'è la retrocessione, otto punti avanti il terzo posto (però se il Napoli vince diventano 10). Il Toro vince a San Siro dopo più di un quarto di secolo: 27 anni fa Cravero infilò un rigore. Ne sono passate di storie ed anche di storia (contemporanea). Moretti punisce Mancini senza grande riconoscenza, visto che il Mancio lo lanciò in serie A nel 2001: sono invecchiati tutti e due. Moretti ha pescato il gol dell'album dei ricordi a 33 anni, Mancini si è ingoiato il rospo a 50 anni. Questo per dire che il fatto resterà nella storia dei rovesci nerazzurri ed anche nell'antologia delle presenze poco fortunate di Thohir. Stavolta c'era pure Moratti e con quelle facce raccontavano la partita.

E ora l'Inter si ritrova a rincorrere ambizioni e alibi. Pareggiò all'andata a Torino, e venne sbriciolata dal furor critico di chi si attendeva una stagione da fenomeni. Stavolta è stata sepolta da un gol beffardo all'ultimo minuto di recupero, provocato da una sgrullata di Maxi Lopez in anticipo su Icardi e dal buco difensivo che coinvolge Obi (ha lasciato passare Moretti), Ranocchia che correva a inseguire Glik, Vidic che stava più avanti e guardava la palla. Niente di nuovo, se non l'accusa che costringerà al mea culpa di gruppo: Inter che non sa attaccare una difesa serrata come quella granata, gioco da lumaconi, tanto possesso palla ma pochi tiri in porta, uomini-qualità incapaci di fare la differenza. Mancini ha nascosto la rabbia, sintetizzando così: «Shaqiri può cambiare certe situazioni, ma solo lui. Tocca anche a Palacio, Icardi, Podolski, Kovacic: giocatori bravi e di qualità».

Il Toro ha ripetuto schemi e prestazioni degli ultimi tempi nei quali ha recuperato punti. Pensa a non prenderle e ne sono uscite 3 vittorie e 4 pareggi. L'Inter ha portato a casa Shaquiri e Podolski, ma forse ha scoperto perché altrove stavano in panchina: incidono poco, tirano ancora meno. Lo svizzero sembra una delle nostre alette fru-fru. Mancini ha parlato di buona partita. «La squadra ha giocato benissimo fino al limite d'area, poi non ha messo qualità negli ultimi 25 metri. E se non tiri, non segni». Atto di accusa all'incapacità offensiva. Ed anche al suo allenatore.

L'Inter non riesce quasi mai a servire Icardi ed ha subito poco fino al minuto 94. Sarà beffa o autogol? Questo il problema. Guarin e Kuzmanovic hanno vigilato con buona prestazione a centrocampo, ma quando il Toro si è fatto più vivo, ha infilato qualche contropiede, se n'è visto lo spessore un po' leggero. Kuz ha ansimato quando Mancini lo ha schierato per qualche minuto terzino, con Kovacic a far coppia con Guarin: esperimenti da cancellare. Ed infatti, pescato Donkor, esordiente in campionato, dalla panchina, è stato peggio veder i pezzi forti passare palla al ragazzino, per lasciarlo andare a destra in libertà: come fosse lui la luce del gioco. Inter nuovamente in emergenza in difesa: Andreolli e D'Ambrosio stirati, sta peggio il primo del secondo. Juan Jesus è ancora squalificato, Nagatomo non sta bene. Thohir, prima della partita, aveva dato il senso del mercato e del futuro. «Vogliamo costruire una squadra forte e non una squadra di giocatori forti». Alla fine avrà capito che l'Inter non è nè l'una né l'altra.

Solo un'idea.

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