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Neymar segna e sparisce. Poi il Real cala il tris

Nel "Clasico" Luis Enrique sgonfia il Barcellona e Suarez non lascia il segno. Ancelotti fa spettacolo. I madrididsti rimontano anche in classifica

Cristiano Ronaldo abbraccia Carlo Ancelotti
Cristiano Ronaldo abbraccia Carlo Ancelotti

C'è il gioco del pallone. E c'è il gioco del football. Il primo circola e si agita nei nostri condomini, tra strilli, insulti, proteste, roba piccola, di ritmo e di qualità. Poi c'è il gioco del football che vive, ahinoi, altrove, in quartieri lontani, Inghilterra e Spagna, per dire, là dove non vengono segnalati fumogeni, bombe carta, isterie continue con gli arbitri. Si gioca e basta. Il Clasico di Spagna ha ribadito la forma e la sostanza. Quando in Italia qualcuno parla e scrive di spettacolo dovrebbe emigrare e studiare.

Sono bastati tre minuti per vedere il gol di Neymar. Sono bastati tre quarti d'ora, quelli del primo tempo, per assistere al pareggio su rigore di Ronaldo, a quattro ammonizioni che hanno riguardato Messi, Neymar, Piqué e Iniesta senza un solo fiato velenoso contro l'arbitro. Corrida vera, toreri e tori a scambiarsi il ruolo continuamente e, attorno, il Santiago Bernabeu come un teatro antico in attesa di cambiare nome in cambio di 425 milioni di euro, distribuiti in venti anni dal nuovo sponsor, l'Ipic, International petroleum investment company di Abu Dhabi.

Il Real aveva assoluta necessità di vincere per recuperare punti al Barcellona e così ha voluto e saputo fare. I due gol della ripresa hanno ripagato la scelta tattica di Ancelotti contro lo schemino di Luis Enrique che ha trasferito ai catalani la stessa gnagnera di ritmo e di noia vista alla Roma Rometta. Gran football, dunque, grande velocità di cervello e di gamba, grande agonismo e totale pulizia tecnica, merce rarissima dalle nostre parti.

Il trio da carnevale, Neymar-Messi-Luis Suarez ha sparato coriandoli bagnati, il brasiliano, dopo il gol, è scomparso dal film, Messi ha cercato se stesso e non i compagni e il vampiro uruguagio è uscito prima della fine, senza aver lasciato traccia nemmeno con la sua famosa dentatura. Due squadre spettacolari, forse vulnerabili in fase difensiva ma irresistibili quando ribaltano il gioco con soluzioni diverse, potenti, eleganti. Da mostrare in tutte le scuole di calcio il terzo gol del Real Madrid, un contropiede velocissimo, agevolato dalla gaffe di Mascherano e Alves, manovrato in quattro, da Isco a Ronaldo a James Rodriguez a Benzema con la conclusione perfida del francese.

Finale con gli olè del popolo di Madrid. Dicono i colleghi spagnoli che se sulla panchina del Barcellona ci fosse ancora Martino, stasera dovrebbe chiudere la valigia e domani partire per l'Argentina.

Ma Luis Enrique tiene suerte , stavolta non c'è Zeman all'angolo.

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