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La promessa di Beli con l'anello al dito: "Ho ancora più fame"

Belinelli premiato per il titolo vinto a giugno con gli Spurs Per l'azzurro 15 punti nell'esordio vincente di San Antonio

Marco Belinelli, a sinistra, festeggia la conquista del titolo Nba con i San Antonio Spurs
Marco Belinelli, a sinistra, festeggia la conquista del titolo Nba con i San Antonio Spurs

L'anello al dito. Finalmente. Perché l'Nba è un mondo tutto particolare. Vinci il campionato a giugno e vieni premiato individualmente durante l'opening night della stagione successiva. Così all'At&T Center di San Antonio, prima della sfida contro i Dallas Mavericks, Marco Belinelli ha finalmente vissuto l'ultima tappa di un sogno diventato realtà: campione Nba con l'anello al dito, ovvero il premio che ogni giocatore di basket insegue per una vita. Stavolta non sono arrivate le lacrime copiose che gli avevano rigato il volto appena battuta Miami nella gara-5 di una finale indimenticabile: l'emozione c'era e ci mancherebbe pure, ma è stata controllata come era giusto che fosse in un palazzo rumorosissimo e desideroso di applaudire i suoi eroi, da coach Gregg Popovich all'intramontabile Tim Duncan, da Parker a Leonard, da Diaw a Belinelli e fino all'ultimo dei panchinari. Il ragazzo partito da San Giovanni in Persiceto ha stretto la mano ad Adam Silver, commissioner della Lega, e poi ricevuto l'anello dal patron degli Spurs, Peter Holt: un abbraccio e via, tutti in fila a osservare lo stendardo celebrativo issarsi lassù, di fianco agli altri quattro che ricordavano i precedenti trionfi.

Da bravo soldatino, il “Beli” era al fianco di vere leggende della palla a spicchi, su tutti Tim Duncan ovvero il solo reduce dal primo anello vinto dalla franchigia texana nel lontanissimo 1999. «Se non è sazio lui, non posso certo esserlo io», ha recitato a memoria nei giorni scorsi il bolognese. Il quale poi ha fatto egregiamente il proprio lavoro, contribuendo a far sì che gli Speroni battessero Dallas 101-100: chiuderà con 15 punti (3/6 da tre), Ginobili ne metterà 20 e Parker 23. Una gran partita, per essere la prima di una maratona composta da 82 tappe e frequentata da 30 squadre. San Antonio - squadra da anni ritenuta alla frutta - ha tutto per ripetersi: non ci è mai riuscita in questi quindici anni in cui è rimasta sempre al vertice, vorrebbe farlo quest'anno per salutare degnamente il suo totem Duncan, prossimo al ritiro ma ancora in grado di reggere l'urto degli armadi 2.0 dall'alto di una superiorità tecnica imbarazzante. Belinelli farà il suo, essendosi guadagnato rispetto e minuti 'veri' grazie a una carriera costruita con infinita passione, rimanendo al di là dell'oceano quando tutti gli suggerivano di tornare in Europa. E invece no: primo italiano a superare un turno dei playoff quando giocava a Chicago, primo a vincere una prova all'All Star weekend (tiro da tre punti), primo a qualificarsi per le Finals e soprattutto primo rappresentante del nostro paese a vincere il titolo.

A osservare da vicinissimo la cerimonia di martedì notte, essendo diventato vice di Popovich, anche Ettore Messina: quattro Coppe dei Campioni in bacheca più infiniti altri trofei, di qui a qualche anno potrebbe davvero raccogliere il testimone dal suo attuale capo. Uno che non regala niente a nessuno e che ha voluto al suo fianco anche Becky Hammon, prima donna nella storia a far parte di uno staff tecnico Nba: pur di vincere, a San Antonio si inventano nuove strade e non hanno paura di percorrerle come testimonia la presenza nel roster di giocatori provenienti anche da Brasile, Australia e Canada.

Una multinazionale dei canestri inimitabile, in un campionato massacrante nel quale vogliono ritagliarsi spazi importanti anche Danilo Gallinari - guarito e pronto a lottare per i playoff con Denver -, Luigi Datome (a Detroit) e il 'newyorkese' Andrea Bargnani, al momento fermo per infortunio: anche quest'anno, però, all'anello può realisticamente pensare solo il ragazzo di San Giovanni in Persiceto.

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