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L'Avvocato Agnelli teorizzava: «Quel che fa bene alla Fiat fa bene anche all'Italia». Erano i bei tempi spensierati dei provvedimenti governativi a favore dell'azienda principe del Belpaese e quella frase risultò sufficiente per mettere la sordina alle polemiche aspre (di matrice politica) e ai molti dubbi di imprenditori e osservatori economici. La generazione successiva del casato torinese, in materia di calcio, ha capovolto l'espressione e ha ormai stabilito più o meno la seguente tesi: «quel che non sta bene alla Juventus non sta bene al calcio italiano». Ogni riferimento al duello rusticano tra John Elkann, numero uno di Fca e Antonio Conte, ct della nazionale, scatenato ai margini dell'affare Marchisio, è assolutamente pertinente. E segnala in modo didascalico del livello dei rapporti tra la famiglia Agnelli e il tecnico che per tre anni di fila ha guidato allo scudetto l'ammiraglia bianconera suscitando ammirazione e anche devozione. Il mondo Juve non gli ha perdonato l'improvviso divorzio e per conseguenza ha dichiarato guerra al club Italia. Dev'essere un tic torinese. Anche Andrea Agnelli, appena si aprì la successione ad Abete si schierò contro Tavecchio . E da quel giorno non ha perso occasione per prendere a martellate la nuova presidenza federale.

La Juve è stata la società capofila nel guidare la rivolta contro la richiesta di stage. È di queste ultime ore il retroscena secondo cui la conseguenza della guerra tra Torino e Conte comporterebbe la conclusione anticipata del contratto di sponsorizzazione tra Fiat e federcalcio. Che a Conte venga riservato un trattamento speciale è avvalorato da un precedente. Quando la nazionale cilena rispedì a Torino Vidal con una ricaduta dall'infortunio patito al mondiale, sottraendolo ad Allegri, non risulta che dalla sede dell'Exor siano partite frecce avvelenate indirizzate al ct di quella nazionale come invece è successo a Conte, centrato al petto dalla frase all'arsenico ("forse vuole diventare il ct col maggior numero di infortuni!"). Che poi Conte sia un tecnico nato e cresciuto per far lavorare sodo i propri calciatori, è noto. Qualche mese fa un tesserato della Roma confessò a un esponente dello staff tecnico del club Italia: «Durante una settimana a Coverciano noi lavoriamo quanto in un mese a Trigoria». Le conseguenze di quella confessione è sotto gli occhi di tutti. La prima accoglienza riservata ieri alla Nazionale e al suo condottiero, è stata molto incoraggiante: grandi feste, cori favorevoli, richieste di foto e autografi al ct. Probabilmente allo stadio, domani sera, nell'amichevole contro l'Inghilterra, il popolo dello Juventu stadium si dividerà in due fazioni: pro e contro Antonio Conte.

E invece di scoprire se il calcio italiano è in grado di produrre un altro Pirlo o un altro Buffon, torneremo a contare amici e nemici del ct.

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