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La "rivoluzione" rétro del Giro: nel 2019 si correrà solo in Italia

L'unica divagazione «estera» sarà nella tappa di S. Marino Prima parte per velocisti, poi salite da brividi per scalatori

La "rivoluzione" rétro del Giro: nel 2019 si correrà solo in Italia

Da San Luca ci si può ripresentare direttamente a San Marino. Con tutto il rispetto per i velocisti o quei corridori attaccanti che saranno in grado di inventarsi qualcosa nei primi giorni. La prima settimana di corsa è in perfetto stile Tour de France: a rischio abbiocco. La speranza è che i corridori sappiano sovvertire ogni previsione, scompaginando carte e metrica di uno spartito che sembra però chiamare a gran voce i passisti veloci almeno nella prima metà di questa corsa rosa. E visto che le corse le fanno i corridori, speriamo che questi sappiano mettere pepe su una pietanza che si preannuncia parecchio insipida, almeno fino alla nona tappa.

Si parte con il botto, con una cronoscalata da Bologna a San Luca. Un abbrivio bello e suggestivo, che darà chiaramente un volto all'edizione numero 102 presentata da Rcs Sport ieri a Milano. Poi però bisognerà aspettare una settimana per vedere qualcosa di sostanzioso, che in questo caso è ancora una prova contro il tempo: da Riccione a San Marino, sul Monte Titano e dal versante più esigente.

È un Giro bifronte. Una prima parte per velocisti o attaccanti che dir si voglia, e una seconda da far tremare polsi e gambe. In definitiva i traguardi per velocisti potrebbero essere sulla carta 7, così come gli arrivi in salita. Quasi sessanta (58,5 tutti individuali, ndr) contro il tempo. Tre le tappe che vanno oltre i 230 chilometri e altre due che sfiorano questa distanza.

È un Giro che ricorda (i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, i 110 dalla nascita di Montanelli a Fucecchio) e andrà pochissimo in Meridione: San Giovanni Rotondo sarà il punto più a Sud e tornerà ad essere tutto italiano, salvo la tappa che arriverà a S. Marino. Un Giro che ripropone la Cuneo-Pinerolo (12ª tappa) nel centenario della nascita di Fausto Coppi. Di quella fantastica frazione costellata da cinque colli domata dal Campionissimo e corsa nella primavera del 1949, non c'è nulla, se non la sede di partenza e di arrivo. La Cuneo-Pinerolo, autentico marchio di fabbrica entrato nel lessico sportivo come la tappa delle tappe, è in pratica un tarocco: 146 km, con il solo colle Montoso da scalare. Abbiamo detto tutto.

Molto interessante, invece, il fine settimana con la tappa aostana che propone Verrogne, Truc d'Arbe, Colle San Gallo e la salita finale a Courmayeur sul Monte Bianco. E per nulla banale anche la Ivrea-Como, che negli ultimi 60 chilometri ripropone fedelmente il finale de Il Lombardia con Ghisallo, Colma di Sormano, Civiglio e San Fermo.

È un Giro che nella seconda parte cambia passo e sale di tono: in tutti i sensi. Dopo il secondo e ultimo giorno di riposo, i corridori non potranno rilassarsi poi molto, perché c'è subito da sfacchinare con un tappone che avrebbe meritato ben altra collocazione (non certo di martedì): da Lovere a Ponte di Legno. Quel giorno i corridori dovranno affrontare in sequenza Presolana, Croce di Salven, Gavia e Mortirolo prima della salita finale.

E poi ancora montagna, con il passo della Mendola e il Terento preludio di una non durissima ascesa finale che condurrà ad Anterselva. L'ultimo appuntamento riservato ai velocisti è quello di Santa Maria di Sala, prima del gran finale: venerdì 31 maggio San Martino di Castrozza; sabato 1° giugno il tappone dolomitico con Cima Campo, Paso Manghen, Passo Rolle e Croce d'Aune Monte Avena, con un tratto finale inedito e lo sterrato. Infine la crono di Verona (15,6 km), per decretare il vincitore.

È un Giro che piace a Chris Froome: «Molto bello, esigente ed equilibrato», dice l'ultimo vincitore che sogna per il 2019 la doppietta Giro-Tour. È una corsa che potrebbe piacere a Vincenzo Nibali, che ha in mente anche lui di abbinarlo con la Grande Boucle.

È un Giro che aspetta anche Fabio Aru: quello vero, però.

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