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Rossa, manca di velocità ma resta la più completa

L a nota tecnica dominante è che la Ferrari - senza quella "macchina d'agosto", con quell'errato serraggio della barra anti-rollio posteriore a Monza, sarebbe da primato - continua imperterrita la sua corsa al titolo mondiale, sulla strada dell'affidabilità, mentre gli altri antagonisti di spicco sentono la stanchezza di una meccanica sempre provata a fine stagione.
Grazie a questa riuscita, la monoposto di Maranello si merita appieno il titolo di vettura più completa, anche se non più performante in assoluto, con la complicità di un Alonso impegnato prevalentemente nella difensiva, conscio di tutte le fortune incontrate. Per salire ai vertici, sappiamo, basterebbe solo un po' più di slancio in qualifica, così da partire in posizioni migliori, contro le seccature "maldonadiane".
Il vero campione deve pur compiere qualche impresa brillante. In questo difficile passaggio, la Ferrari ha mostrato ottime capacità di sfruttamento di pneumatici che non hanno tenuto fede a tutte le promesse di progresso della vigilia. Ancora un mare di riccioli neri, scomparsi solo sulle piste veloci. Sì, due soli "pit-stop" per la maggioranza d'alto-classifica, ma piccoli progressi, rispetto alla strage di gomme del 2011, e costante lontananza dalle precedenti conquiste della Bridgestone, nelle prestazioni e nella resa chilometrica.
L'ottima gestione del binomio Alonso-Ferrari è stata scandita dalla lunghezza praticamente uguale a quella della Rbr di Vettel nel primo "stint" (16-18% in "super-soft"), superata dalle McLaren di Hamilton e Button (20-23%), con analogia di resa e di tempi sul giro in assetto "soft", mentre nel terzo "stint" (due soste per tre settori) il 49% di Alonso si è ben contrapposto al 43% di Vettel e di Button.


Cosa chiedere di più? Con sei gran premi ancora in programma e con una deplorevole mancanza di selezione dei migliori risultati, come ai vecchi tempi, per giunta con meno prove, non resta ad Alonso che continuare a correre da "ragioniere", con un regalo da campione nella finalissima, a punteggio acquisito, per dimostrare al mondo quanto il titolo sia giustamente attribuito.

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