Cultura e Spettacoli

Steven Tyler (Aerosmith): il rocker maledetto rinasce in tv e salva una casa discografica

Da quando è nella giuria di "American Idol" la sua band ha aumentato le vendite del 360%. E nella autobiografia racconta gli anni disperati. Di origini calabresi, ha sempre portato sul palco l'istrionismo italiano. Il dramma: "Ho speso venti milioni di dollari in droga. Mi sono sniffato anche la Porsche"

Steven Tyler (Aerosmith): il rocker maledetto  
rinasce in tv e salva una casa discografica

Bip. Poi un altro bip. A furia di bip, Steven Tyler è rinato e non era mica così facile per una rockstar vecchio stile, quelle del ramo Keith Richards per intenderci. Quando ha parlato per l’ultima volta nella finale di American Idol c’erano trenta milioni di americani attaccati alla televisione, sei in più dell’anno scorso, quasi il trenta per cento di share. E tutti ora dicono: il merito è di questo strambo capellone con due labbra così («da bambino piangevo sempre, tanto mi prendevano in giro»), coloratissimo e volgare e inzaccherato di parolacce (bip), capace di cantare pezzoni negli Aerosmith come Dream on e Walk this way, di inventare un rock sporco di rhythm’n’blues e sesso, ma anche di prendersi lunghe vacanze con i cosiddetti Toxic twins, i gemelli tossici lui e il suo chitarrista Joe Perry, gente che ha frequentato ogni droga possibile e immaginabile. Nella vendutissima storia della sua vita, che uscirà in Italia a ottobre con un titolo che sarà più o meno Vi ha disturbato il rumore che ho in testa?, riassume così: «Ho fatto fuori venti milioni di dollari in droghe. Mi sono sniffato la Porsche, mi sono sniffato il mio aereo e anche la casa. Se lasciato solo, sarei morto chissà quante volte».

Ora è comunque risorto. Fino a pochi mesi fa, era solo, si fa per dire, il cantante degli Aerosmith, 63 anni e sangue calabrese visto che il suo vero cognome è Tallarico (suo nonno Giovanni era di Cotronei, provincia di Crotone) e lo chiamavano il Mick Jagger d’America con una punta di snobismo, sai, come si fa con quelli che vorrei ma non posso. Bye bye. Tutt’al più si meritava l’enfasi per le storie di sesso tipo quelle sulle sue pretese di trovare nei camerini ragazze disponibili che però avessero appena fatto la doccia.
Adesso è una superstar trasversale, rock e tv, e alla Nba All Star di febbraio a Los Angeles è stato applaudito neppure fosse un papa. «Ma che c... è ’sto casino di m...?». Bip. Quando pochi mesi fa è arrivato a fare il giudice ad American Idol, il talent show della Fox più seguito degli Stati Uniti e quindi del mondo, roba da una ventina di milioni di spettatori, persino gli altri Aerosmith lo avevano mandato a stendere. In privato, però. In pubblico invece uno che non usa giri di parole come Kid Rock aveva detto: «Una mossa stupida». Poi si è visto chi era lo stupido. Dopo il debutto ad American Idol, le vendite del repertorio degli Aerosmith hanno avuto picchi del 260 per cento sul catalogo fisico e del 360 su quello digitale e le sue case discografiche, la Columbia e la Geffen, stanno ancora brindando. E pochi giorni fa il sito di American Idol, che ha messo in streaming il singolo da solista di Steven Tyler, (It) feels so good, è andato in palla per i troppi contatti. In fondo lui non è solo considerato tra i cento cantanti più importanti della storia (lo dice Rolling Stone), è proprio un simbolo del rock sudato e patito e stravissuto, in quarant’anni ha venduto circa duecento milioni di copie e non c’è uno che lo critichi anche se sfoggia un viso che sembra un abuso edilizio tanti lifting ha subito e si veste sempre come una versione riveduta e corretta di Tomas Milian nel Monnezza. Steven Tyler ha il pudore della sua volgarità e questo lo rende immune dalle critiche e forse immortale nell’immaginario musicale.

Quando arriva sul palco come due anni fa all’Heineken Jammin Festival (performance stellare), attaccato all’asta del microfono fasciato da lunghissimi foulard, pronto a fare di un concerto un’apoteosi di virtuosismi vocali e istrionismi sessuali, nessuno si scandalizza, anzi. Ma, per dire, quando nel 2004 la popstar svedese Lena Philipsson ha provato a imitarlo durante l’Eurofestival, tutte mossette e contorsioni, i giornali l’hanno massacrata manco fosse una escort. C’è, in quello che Steven Tallarico rappresenta ormai per tutti, anche per chi è nato nel 1998 quando gli Aerosmith sono rimasti al numero uno per un mese di fila con I don’t want to miss a thing (dalla colonna sonora di Armageddon), una tragica coerenza che in quarant’anni non si è spostata di una virgola e non ha mai messo il punto. Due anni fa, ritrovandosi per incidere il primo album di brani inediti degli Aerosmith dal 2001, il produttore Brendan O’Brien li ha subito rispediti a casa. Steven Tyler ricorda così il perché: «Joe era fatto e non riusciva a suonare e io non potevo cantare perché sniffavo di tutto, e ciò fa male alla gola».

Ora, al termine del nono ricovero in una clinica di disintossicazione, il problema pare superato e mica soltanto personalmente: Steven Tyler, cantante degli Aerosmith e giudice di American Idol con Jennifer Lopez e Randy Jackson, non è più un modello: è un’icona ormai metabolizzata dall’immaginario collettivo, perciò innocuo. E difatti persino Johnny Depp, che sta attento alle frequentazioni, ha annunciato che scriverà qualche canzone con lui, giusto per togliersi un piccolo sfizio.

Il più grande, tanto, è quello di Steven Tyler che sei mesi fa era un divo ultrasessantenne in via di bollitura e ora è di nuovo così in alto che il suo bip lo possono sentire ancora in tutto il mondo, fortissimo e pure un po’ goduto.

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