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La strana storia di Romano il medium

La strana storia di Romano il medium

È tanto strano quanto vero: il mistero del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro passa anche per un tavolo quadrato su cui era stato appoggiato un foglio di carta (anch’esso quadrato) di ottanta centimetri di lato. Ad evocare spiriti attorno a quel tavolo vi erano alcuni promettenti giovani studiosi dell’Università di Bologna, tra cui il futuro Presidente della Commissione Europea, Romano Prodi. Quel pomeriggio il piattino della tazzina da caffè, come impazzito, indicò ai presenti il luogo in cui le Brigate Rosse tenevano prigioniero Aldo Moro: G-R-A-D-O-L-I.
(...) Tra i tanti spiriti che vennero invocati, vennero stuzzicati anche quelli di La Pira e di Don Sturzo. Nonostante nessuno dei presenti spingesse, tirasse o manovrasse in qualche modo il piattino da caffè, dopo alcuni vani tentativi, questo miracolosamente incominciò a girare andando a toccare alcune lettere che erano state disegnate su un foglio di dimensione ottanta per ottanta centimetri.
(...) Quel tardo pomeriggio del 2 aprile alcune delle persone che avevano partecipato al gioco del piattino, pensarono proprio ad un luogo geografico. Quindi, incuriositi dallo strano mix di lettere, si misero a consultare una carta geografica del centro Italia. Poi, con unanime stupore, alcuni dei presenti riuscirono a rintracciare sulla grande carta il piccolo paese di Gradoli. Increduli, i partecipanti alla seduta volevano essere certi della loro scoperta geografica, quindi stesero una carta del Touring sul tavolo su cui si era svolta la seduta spiritica. E quindi vennero nuovamente interrogati gli spiriti. A questo punto avvenne l’incredibile: nonostante le interruzioni, nonostante gli schiamazzi dei bambini, nonostante lo straordinario evolversi degli eventi, nonostante tutto, il piattino incominciò a vagare per la carta stradale fino a dirigersi velocemente verso il piccolo paese Gradoli. Ormai non c’era più alcun dubbio: uno spirito o più spiriti avevano suggerito che Aldo Moro era tenuto prigioniero dalle Brigate Rosse in un piccolo paese di nome Gradoli (più avanti vedremo che le cose non si sono svolte esattamente così). (...) Per cercare di capire che cosa sia realmente accaduto il 2 aprile del 1978 all’interno del casolare di Zappolino, abbiamo analizzato, non solo i numerosi testi che hanno sinteticamente raccontato l’avvenimento, ma anche le deposizioni che nel corso degli anni i partecipanti alla «fantomatica» seduta spiritica hanno rilasciato alla «Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani sul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro».
La pioggia fantasma
(...) Romano Prodi a proposito del clima di quella domenica (senza che nessun membro della Commissione glielo avesse specificatamente domandato) riferì: «(...) ma dovete pensare che tutto questo (il gioco della seduta spiritica, nda) è avvenuto in campagna, durante tre quattro ore di pioggia, mentre i bambini andavano e venivano».
Un biografia dedicata all’ex Presidente del Consiglio (autori Pasquale Cascella e Marcella Ciarnelli), ben inquadra la situazione: «Piove, e per ingannare la noia c’è chi escogita per gioco una seduta spiritica». (...) Ma quel giorno, in quella zona, in quelle ore, non ci sono stati scrosci d’acqua. Mentre si svolgeva il gioco della seduta spiritica, non cadde una goccia. Senza dubbio era nuvoloso, perché era piovuto la notte precedente e sarebbe piovuto anche il giorno successivo.
I dati forniti dal Ministero dei Lavori pubblici, servizio idrografico, parlano chiaro. Le stazioni pluviometriche dei paesi che circondano Zappolino, vale a dire Montepastore, Monte San Pietro e Monteombraro forniscono dati incontestabili.
Il 2 di aprile del 1978 solamente la stazione più sofisticata di Monteombraro (che in linea d’aria si trova a cinque chilometri a sud-est di Zappolino) registrò attorno alle due del pomeriggio 0,2 millimetri di pioggia.
(...) Vi sono anche altri elementi che portano a far credere che in quel di Zappolino o non si sia svolta alcuna seduta spiritica, o si sia svolta con modalità differenti da quelle fino ad ora raccontate. Infatti, analizzando le deposizioni che “gli amici del piattino” hanno rilasciato ai membri delle tante Commissioni d’inchiesta, emergono notevoli contraddizioni.
I numeri del covo
Abbiamo già detto che martedì 4 aprile (vale a dire due giorni dopo la seduta) Romano Prodi si recò a Roma per un convegno, e ne approfittò per parlare di Gradoli ad Umberto Cavina della segreteria di Zaccagnini. L’informazione trasmessa era più che credibile, visto che Romano Prodi (come sostiene la signora Anselmi) non disse solamente un generico “Gradoli”. Quel martedì mattina il futuro Presidente del Consiglio ad Umberto Cavina assieme a Gradoli fornì anche due numeri: 96 e 11. Non si tratta di numeri casuali, in quanto il rifugio delle Brigate rosse in cui era stato rinchiuso Aldo Moro si trovava in via Gradoli al numero civico 96, interno 11 (scala A). Della comunicazione dei numeri siamo certi, in quanto la signora Anselmi (collaboratrice di Umberto Cavina) consegnò alla Commissione d’inchiesta il foglio su cui Cavina prese appunti mentre Romano Prodi gli stava confidando il segreto.
L’enigma dei partecipanti
Ma la non-pioggia e il dilemma del numero civico e dell’interno di via Gradoli non sono le uniche versioni contestabili. Un’altra imperdonabile imprecisione riguarda il numero delle persone che quel giorno dovevano essere presenti a Zappolino in casa di Alberto Clò. All’inizio della deposizione, Romano Prodi sostenne: «C’erano cinque bambini», poi pochi minuti dopo sottolineò nuovamente «vi erano cinque bambini al di sotto dei dieci anni». (...) Proviamo a contare i diciassette commensali: oltre ai cinque bambini, Romano e Flavia Prodi, Fabio Gobbo, Adriana, Alberto, Carlo e Licia Clò, Gabriella e Mario Baldassarri, Francesco e Gabriella Bernardi ed infine la cugina Emilia Fanciulli. Il conto torna. In realtà, stando alle dichiarazioni di altri testimoni chiamati dalla Commissione parlamentare d'inchiesta quella domenica a pranzo i commensali non erano diciassette, ma tredici. Mario e Gabriella Baldassarri con i due figli, di fronte alla prima Commissione, sostennero di essere giunti a Zappolino più tardi (“nel tardo pomeriggio, verso le 4-5”), e di essere giunti a casa Clò quando la seduta era già incominciata. Gli orari coincidono, ma il conto dei commensali non torna più. Se l’intera famiglia Baldassarri, formata da quattro membri, è giunta al casolare di Zappolino solamente durante il pomeriggio, come facevano gli stessi a essere presenti nello stesso luogo per pranzo?
La cartina miracolosa
C’è dell’altro. Abbiamo visto che per verificare la veridicità delle informazioni offerte dallo spirito, venne appoggiata sul tavolo una cartina geografica. Non dimentichiamoci che la cartina era di tipo stradale («di quelle che si usano andando in autostrada»), quindi con una scala enorme (la cartina si trovava nell’auto del fratello di Alberto Clò). È buffo immaginarsi un piattino da caffè, che normalmente può avere un diametro per lo meno di una decina di centimetri, che con grande energia si dirige verso la microscopica indicazione Gradoli. Tale località è una piccola frazione a 470 metri sul livello del mare. Gradoli sul volume Italia-Centro del Touring (e quindi non su una sbrigativa carta autostradale), è caratterizzato da un segno di pochi millimetri quadrati.

Come si fa ad affermare che un piattino da caffè, il quale presumibilmente vanta un diametro di una decina di centimetri, abbia potuto dirigersi verso un punto di pochi millimetri quadrati?
(1. Continua)

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