Economia

Telecom: Bernabè promosso ma pesa il calo di clienti e ricavi

Il 12 aprile è in calendario l’assemblea di Telecom Italia che dovrà approvare i conti del 2010, ma anche rinnovare il consiglio di amministrazione in scadenza dopo un mandato di tre anni. È la prima verifica per gli azionisti (Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Generali e Telefonica) che nel 2008 hanno rilevato, attraverso Telco, il pacchetto di controllo (22,4 per cento) del gruppo di telecomunicazioni dalla Pirelli di Marco Tronchetti Provera; ed è soprattutto il primo esame per il management, il presidente Gabriele Galateri e l'amministratore delegato, Franco Bernabé, che ha gestito la società nel suo nuovo corso. Le decisioni si prenderanno già questo giovedì, prima nel comitato nomine di Mediobanca, poi nel cda di Telco.
Ma come sono andati questi tre anni? L'assetto di governance è adeguato? I vertici sono quelli giusti? Telecom può continuare così come è adesso, oppure servono messe a punto, modifiche anche negli organigrammi? Sono domande che si pongono tutti i soci. Non solo quelli riuniti in Telco che hanno una sensibilità politica e di sistema per le sorti di un grande gruppo industriale, ma anche quelli finanziari che si chiedono solo se l'azienda di Galateri e Bernabé sarà o meno un buon affare nel prossimo futuro. Fra questi ultimi, c’è la Findim dei Fossati con il 5% e investitori istituzionali come BlackRock (2,9%), Alliance Bernstein (2%), Brandes Investment Partners (4%) e altri.
Ed è stato proprio Marco Fossati, ieri, a dire che Bernabè dovrebbe essere riconfermato, ma questa volta come presidente con deleghe operative. Aggiungendo che così Bernabè si potrà occupare solo della «promozione strategica», lasciando ad altri la «routine quotidiana». In ogni caso l’esame d questo triennio è molto articolato. Tutti gli azionisti concordano nell'individuare alcuni significativi elementi di successo dell'attuale gestione Telecom. Prima di tutto sotto la guida di Bernabé il gruppo ha recuperato un buon rapporto con le autorità regolatrici culminato con l'approvazione da parte dell'Agcom nel settembre scorso di nuove tariffe che permetteranno, a partire dal 2012, incrementi di Ebitda di 200 milioni l'anno. Altro elemento: il problema degli esuberi (8.500 unità) è stato affrontato senza conflittualità, con un approccio collaborativo con le parti sociali. E ancora: all'estero è stato sciolto l'intricato nodo Argentina, mentre a livello generale è stata ricostruita un'immagine di gruppo positiva dopo le tante vicende imbarazzanti (spie, fatturazioni fittizie) del passato. Infine, ed è un dato essenziale, nei tre anni scorsi c’è stata un'ottima generazione di cassa che ha permesso alla società di mantenersi a livelli di eccellenza nel settore: nel 2010 il rapporto Ebitda/fatturato è stato del 26,2%; in Europa solo Telefonica ha fatto meglio (32,8%).
A fronte di questi risultati apprezzati, la lettura delle cifre fa emergere anche dati preoccupanti. Dal 2008 al 2010 Telecom ha diminuito i ricavi di 2,8 miliardi a livello organico, facendo peggio rispetto ai concorrenti. La criticità più acuta si registra nel settore del mobile domestico, che ha visto una contrazione dei ricavi di 2 miliardi causata sia dal forte esodo di clienti (arginato nel periodo più recente), sia dalla continua diluizione del cosiddetto «arpu» (il rendimento medio per cliente). In poche parole, negli ultimi anni Tim ha perso utenti e nel 2010 ha subìto lo storico sorpasso di Vodafone; ma il fatto più grave è che a lasciarla è stata in gran parte la clientela pregiata, quella che consente di fare i migliori risultati. Approfondendo l'analisi del buon andamento dell'Ebitda, alcuni azionisti osservano che è stato ottenuto grazie a due fattori: gli egregi risultati di Tim Brasile e la rigorosa politica di taglio dei costi. Questa ha però colpito seriamente gli investimenti: erano stati 5.040 milioni nel 2008 (il 17,5% sul fatturato), sono scesi a 4.543 nel 2009 (16,6%) per ridursi ancora a 4.395 (16,4%) nel 2010. Come sempre, il taglio degli investimenti dà benefici finanziari immediati, ma crea problemi di sviluppo.

E questo preoccupa azionisti che hanno visto il loro titolo perdere quasi la metà del valore in tre anni, peggiore performance tra tutti gli operatori europei di telecomunicazioni.

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