Controcultura

Tenera non è la notte Amore, lustrini e pazzia di Zelda Fitzgerald

La moglie e musa dell'autore del "Grande Gatsby" fu il simbolo degli anni Venti

Tenera non è la notte Amore, lustrini e pazzia di Zelda Fitzgerald

Da qualche anno c'è un rinnovato interesse per Zelda Sayre, la moglie di Francis Scott Fitzgerald. Alla musa dello scrittore sono state dedicate almeno quattro biografie più o meno romanzate. Sono poi uscite le lettere d'amore Caro Scott, carissima Zelda (La tartaruga) e una nuova edizione del suo unico romanzo Lasciami l'ultimo valzer (Bollati Boringhieri). Aggiungiamo la graphic novel Superzelda. La vita disegnata di Zelda Fitzgerald (minimum fax) di Tiziana Lo Porto e Daniele Marotta. Tornando un po' indietro nel tempo, ricordiamo il saggio La morte della farfalla (Adelphi) di Pietro Citati. In attesa del film The Beautiful and the Damned, con Scarlett Johansson nei panni di Zelda, possiamo ora vedere la serie tv sul servizio in streaming di Amazon Prime.

Si intitola Z. The Beginning of Everything ed è ispirato a Zelda (Frassinelli), romanzo di Thérèse Anne Fowler. Protagonista è Christina Ricci (brava). Fitzgerald è interpretato da David Hoflin (scialbo nonostante la somiglianza con lo scrittore). Le dieci puntate di mezz'ora raccontano, con qualche scivolone nella soap, la storia della coppia nell'arco di tempo che va dal primo incontro al ballo del country club di Montgomery in Alabama (1918) fino alla gravidanza di Zelda (1921). Quando si conoscono, lei ha diciotto anni, lui ventidue. Zelda è una ragazza del profondo Sud in fuga dal conformismo e dalla noia. Fitzgerald, in quel momento luogotenente di fanteria a Camp Sheridan, proviene da Saint Paul, in Minnesota. Prima di arruolarsi ha frequentato con scarso profitto l'università di Princeton. Sono due provinciali destinati a incarnare lo spirito di New York.

Il 3 aprile 1920 si sposano. Di qua dal paradiso, il primo romanzo di Fitzgerald, quella stessa settimana diventa un caso editoriale. Tutto accade rapidamente, tutto è da afferrare al volo. Fitzgerald e Zelda bevono troppo gin, organizzano party, si spogliano in pubblico, provocano i benpensanti e gli accademici. Sembrano personaggi di un libro. In effetti lo sono. Zelda è oggetto della narrativa del marito. Non solo. In Di qua dal paradiso, Fitzgerald copia frasi dal diario e dalle lettere della moglie. Lo scrittore incassa 36mila dollari l'anno nel periodo in cui il reddito medio di un cittadino statunitense si aggira intorno ai 1500. Grandi alberghi, villoni, macchine, viaggi, champagne. Lui cerca il successo come riscatto dalle umiliazioni, dal senso di inadeguatezza, dalla miseria materiale. Lei vorrebbe essere creativa e padrona di se stessa. Ma è sempre più confusa e subordinata. Così Fitzgerald la descrive nei Taccuini: «La sua idea e il suo fine dominante sono la libertà senza responsabilità, che è come l'oro senza il metallo, la primavera senza l'inverno, la gioventù senza l'età, uno di quegli esasperati ed eccentrici miraggi di ricchezze sfrenate, che fanno di lei un tipico prodotto della nostra generazione».

È l'età del jazz, dell'alcol a fiumi nonostante il proibizionismo, delle sigarette consigliate dal dentista, delle agenzie pubblicitarie, della gioia un po' ansiosa da dopoguerra. Un mondo insieme antico e moderno già pronto a essere travolto dalla crisi economica. Anche dietro la fama dei Fitzgerald si intravedono le crepe. I lustrini sono bagliori nell'oscurità sempre più vasta. Qualcosa non torna. Se ne accorge, ad esempio, lo scrittore John Dos Passos che nel settembre 1922 traccia il seguente ritratto di Zelda: «Sebbene fosse veramente incantevole, ero incappato in qualcosa che mi spaventava e ripugnava, perfino fisicamente».

La serie tv, che avrà un seguito, si ferma alle soglie del disastro ma lascia intuire come, dietro allo stile di vita grandioso, si nasconda l'inconsapevole desiderio della coppia di dissipare e dissolversi. I soldi non basteranno mai. Non resterà traccia delle giornate al sole della Costa Azzurra e delle notti selvagge di New York. Anche i bestseller marciranno, consumati dal tempo. Gli anni Trenta sono una discesa all'inferno. Numerose revisioni conducono Fitzgerald al romanzo capolavoro Tenera è la notte (1934), ma anche all'esaurimento e all'alcolismo. L'autore si sente «mentalmente esausto, fisicamente esausto, emozionalmente esausto e, forse, moralmente esausto (...). Sono spaventosamente stanco di essere Scott Fitzgerald». Nel 1936, Il crollo (Adelphi) desta scandalo. Lo scrittore si squarta in pubblico per mostrare le viscere ai lettori. È una sconvolgente ammissione di sconfitta e dichiarazione d'impotenza.

La notte si avvicina e non sarà tenera per nessuno. Fitzgerald, dimenticato al punto da essere creduto morto, si trasferisce a Hollywood per sceneggiare film quasi sempre mediocri. Un infarto lo stronca nel 1940, a 44 anni.

Zelda sparisce nella schizofrenia e muore nel 1948 assieme ad altre otto donne nel rogo della clinica Highland Hospital di Asheville, nel North Carolina.

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