Roma

La tolleranza zero? Forse siamo sul set di «Scherzi a parte»

Diciamo che con questa storia delle «task force» e della sicurezza sembrava di stare sul set di «Scherzi a parte». E che andrà a finire più o meno così: che tra qualche giorno i semafori torneranno ad avere il pienone di lavavetri e storpi finti (soprattutto) e veri, viale Palmiro Togliatti, via Salaria e gli altri bordelli a cielo aperto torneranno a macinare marchette e finti moralismi.
Finirà così, innanzitutto perché a formare appunto la «task force» per la sicurezza urbana sono in 80. Ottanta vigili urbani su seimila in organico. Chi - come il sottoscritto - ha avuto il privilegio di seguire questi uomini, e queste donne, nelle loro operazioni non può che apprezzarne la competenza. La conoscenza che hanno di ogni piega del territorio e delle varie «categorie» che lo popolano.
La professionalità e anche l’umanità con cui si muovono alle prese con il racket - feroce - della prostituzione, con l’accattonaggio, con lo smercio di griffe false, un business portato avanti da parte di poveracci, ma che finanzia le casse della camorra. E i vigili urbani intervengono, anche questo va precisato, a mani nude, disarmati, o meglio armati di un ridicolo spray al peperoncino che ovviamente nessuno estrae dalla «fondina».
Eppure in 80 persone, e in pochi giorni, hanno fatto molto. Tanto che il primo pensiero di fronte ai risultati ottenuti dalla «task force» è stato: ma perché l’input politico non è arrivato prima, prima che i problemi del degrado e della criminalità nella capitale diventassero la bomba a orologeria che sono adesso?
Poi ci ha pensato il sindaco in persona a togliere ogni dubbio che la fermezza è un bluff. Veltroni è riuscito - come al solito - a dire tutto e il suo contrario. All’inizio dell’offensiva ha invocato che «prima di tutto ci vuole la certezza della pena». Quindi ha bocciato - «non serve una nuova polizia» - il suo omologo bolognese Cofferati e gli altri primi cittadini che chiedono di ridefinire i loro compiti per agire in modo più efficace sul piano della sicurezza e dell’ordine pubblico: e allora che cosa dovrebbero fare di fronte a un’emergenza che ha (anche) contorni nuovi? La verità è che, come ha scritto Claudio Pompei, il testacoda di Veltroni si spiega solo in un modo: l’esigenza, come candidato premier, di rassicurare rifondaroli e sinistra estrema.
Una riprova, se ancora ce ne fosse bisogno, di come i due ruoli, di uno che studia da leader del Partito democratico e di sindaco, sono poco salutari. Certo non lo sono per la città e i cittadini. Paradossalmente il decisionismo di questi giorni sarà la prova di quello che Veltroni avrebbe potuto/dovuto fare. E non ha fatto. Di come Roma avrebbe potuto essere, una città più civile. E non è.
Ma, secondo me, sbaglia anche il centrodestra. Su quello che è un suo tema è evaporata, sparita, probabilmente nella speranza che il bluff veltroniano si svelasse per quello che è. Ma sbaglia. Dovrebbe incalzare il sindaco, mettere in luce le contraddizioni, martellare, proporre, esigere risposte concrete. Perché (come dicono tutti, anche se sembra che nessuno ci creda veramente) la sicurezza non è di destra né di sinistra. Ed è il primo tema con cui presentarsi con le carte in regola agli elettori, evidenziare le lacune dell’attuale maggioranza e candidarsi come legittima alternativa alla guida del Campidoglio.
pierangelo.

maurizio@alice.it

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