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Trapianto senza donatore e organo su misura: il pioniere è un italiano

BIOINGEGNERIA Vicina la fine delle terapie farmacologiche anti rigetto

È una di quelle scoperte che fanno la storia della medicina. In Spagna prima dell’estate, un’équipe guidata da un medico italiano, è riuscita a trapiantare una trachea «ricondizionata», cioè spogliata dalle caratteristiche cellulari del donatore e ripersonalizzata con quelle del ricevente, tanto che la paziente non è stata sottoposta a terapia anti rigetto. È il primo intervento del genere al mondo: il fatto di disporre di un organo costruito su misura ha consentito l’asportazione dell’intero tratto collassato della trachea, operazione finora irrealizzabile. Nei casi di tumori la massima porzione asportabile finora era il 50 per cento. Il successo è frutto dell’alleanza di quattro gruppi di ricerca sparsi in tutta Europa, coordinati da Paolo Macchiarini, responsabile del servizio di Chirurgia toracica della Clinic de Barcelona. Con lui hanno lavorato specialisti del Politecnico di Milano, delle università di Bristol e di Padova; lo studio è stato appena pubblicato on line su «The Lancet», una delle riviste scientifiche più prestigiose.

Dopo una lunga sperimentazione su animali, il primo trapianto di trachea «ricondizionata» è stato effettuato su una donna di 30 anni, reduce da una grave forma di tubercolosi che aveva danneggiato l’organo. «La giovane - ha spiegato Macchiarini - aveva sviluppato un collasso della parte terminale della trachea e il trattamento con le terapie convenzionali non aveva dato frutti. A quel punto le ho proposto il trapianto: il primo di organo completo e senza l’uso di farmaci immunosoppressori».

Frutto dell’ingegneria dei tessuti: dopo aver prelevato una porzione millimetrica della trachea della donna, il micro frammento di tessuto è stata mandato nel centro di ricerche di Bristol dove in un mese e mezzo hanno moltiplicato le cellule staminali ed epiteliali della paziente. Di pari passo all’università di Padova si sono concentrati sulla spersonalizzazione della trachea prelevata da un cadavere, spogliandola di tutte le sue caratteristiche. Tecnicamente hanno decellularizzato l’organo, in parole povere l’hanno smantellato come si potrebbe fare con una casa che si demolisce fino a lasciarne in piedi solo la struttura in cemento armato.

«La tecnica - riferisce Sara Mantero, ricercatrice da 15 anni del dipartimento di Bioingegneria del Politecnico di Milano - consiste nel prendere la trachea di un donatore e decellularizzarla. Contemporaneamente vengono prelevate, e fatte crescere, le cellule staminali ed epiteliali del ricevente. Poi attraverso un bioreattore rotante abbiamo rivestito la trachea del cadavere con le cellule moltiplicate della paziente, generando una trachea compatibile con il sistema immunitario. Il professor Martin Birchall, chirurgo dell’università di Bristol, ha aggiunto: «È solo l’inizio. Sono convinto che questo trasformerà in modo radicale il nostro modo di pensare la chirurgia. Tra vent’anni le operazioni chirurgiche più comuni saranno procedure rigenerative per la sostituzione di organi e tessuti danneggiati da malattie con organi e tessuti autologhi di laboratorio».

Secondo lo specialista, la tecnica potrebbe essere estesa alla «fabbricazione» di organi cavi quali intestino, vescica, parti del tratto riproduttivo, ma potrebbe riguardare anche organi solidi come cuore, fegato e reni: «Sarà necessario istituire unità ospedaliere in grado di generare le staminali necessarie».

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