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"Cialtrone", "Ti prende a calci nel c...". È lite tra Capezzone e l'assessore

A Quarta Repubblica lo scontro sull'abusivismo. E intanto il Comune di Roma ristruttura gli immobili a chi le occupa

"Cialtrone", "Ti prende a calci nel c...". È lite tra Capezzone e l'assessore

La polemica è vecchia come la Terra. E mette di fronte due “diritti”: quello sacrosanto alla proprietà privata, che in teoria non dovrebbe essere violato da nessuno; e quello a non ritrovarsi ad abitare sotto un ponte perché non si hanno i soldi per pagare un affitto. Posizioni entrambe legittime, ma difficilmente conciliabili. Lo si è capito ieri sera a Quarta Repubblica dove è andato in onda uno scontro di fuoco tra Daniele Capezzone e l’assessore al Patrimonio e alle Politiche Abitative del Comune di Roma.

Al centro del dibattito i tanti immobili che nella Capitale sono occupati abusivamente. Si parla di una settantina di stabili privati, su cui il Comune può fare poco se non aiutare la prefettura per un eventuale sgombero (se ne vedono davvero pochi). E di circa mille alloggi popolari di proprietà comunale, finiti in mano a persone che non ne hanno il diritto e che di fatto lo tolgono a chi invece rientrerebbe nella graduatoria. Cacciarli è difficile, è vero, visto che bisogna trovare loro un’alternativa che non c’è. Poi però in questo strano Paese si arriva al paradosso in cui il Comune si prende la briga di ristrutturare con 11 milioni del Pnrr un intero stabile okkupato per farne alloggi popolari da assegnare agli stessi residenti abusivi che per anni ci hanno abitato senza diritto.

Ed è qui che casca l’asino. Si chiedono tanti proprietari di casa cui hanno “rubato” l’immobile: Perché lo Stato accetta e regolarizza gli abusivi? Si domandano gli assegnatari di casa popolare che non riescono ad accedere agli alloggi che spettano loro: perché favoriscono chi si è preso un appartamento con la forza e non ci aspetta pazientemente da anni? Senza contare il racket delle occupazione, che come denunciata da decine di inchieste giornalistiche spesso portano a subaffitti e violenze inaccettabili in uno stato di diritto.

Ed è su questo punto che scatta la lite Capezzone-Tobia Zevi. "Io pensavo che l'assessore fosse venuto a dimettersi - dice il giornalista - Nel libro di Nicola Porro, "Il Padreterno è liberale", c'è una citazione di Antonio Martino ripetuta più volte: 'Si possono fare compromessi sui dettagli, non sui principi'. Allora ricominciamo dall'Abc: se questo pc è mio, tu non me lo puoi rubare e lui, lo Stato, non può legittimare il furto. C’è una esigenza sociale?. Come si dice a Oxford: 'Sticazzi'". Non possono certo essere i proprietari degli immobili a sobbarcarsi il costo del welfare sociale: per quello, in teoria, già paghiamo le tasse. "E poi scusate: se io sono un cittadino perbene che si mette in graduatoria e non faccio il furbo né il prepotente, cosa sono: un coglione?".

L’assessore Zevi ovviamente non ci sta: "Capezzone consiglia di dimettermi - esordisce - Io però penso al povero Marco Pannella che si rivolta nella tomba pensando a questo allievo che gli è uscito male". E qui scatta la rissa tv. "Non ti permettere - replica il giornalista - Non provare a nominalo. Vergognati, cialtrone". Il riferimento all’ex leader dei radicali va avanti per tutto il dibattito, quasi monopolizzandolo fino allo scontro finale: "Lei si deve vergognare - attacca Capezzone - se ci fosse Marco Pannella ti prenderebbe a calci nel culo da qui al Campidoglio". Replica Zevi: "Io lo conoscevo e con me non lo ha fatto.

Con te invece sì: ti a preso a calci nel sedere".

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