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Gli Ulema lanciano fatwa contro i carabinieri

I Ros avevano ipotizzato un collegamento tra 007 italiani e il riscatto degli ostaggi: «Mai preso soldi per liberare nessuno»

Gian Marco Chiocci

da Roma

È una sorta di fatwa giudiziaria. Una specie di editto-querela nei confronti dei carabinieri del Ros colpevoli d’aver anche solo ipotizzato un collegamento diretto con i sequestratori degli ostaggi italiani in Iraq, con i servizi segreti o il governo di Roma, e con i milioni di dollari presumibilmente sborsati quale ricompensa per la liberazione dei rapiti. L’Associazione degli ulema in Irak ha stilato una lunga nota - che poi è diventata oggetto di attacchinaggio e volantinaggio nelle principali città irachene - per smentire e deplorare con veemenza le accuse sul pagamento dei riscatti apparse contro il leader spirituale Abdul Salam Al-Kubaisi in un articolo di Repubblica del 30 gennaio scorso (i cui riferimenti al pagamento del riscatto sono stati smentiti dalla procura di Roma, dai stessi carabinieri nonché da Palazzo Chigi) e riprese dal giornale saudita Al-Watan.
Nel rivolgersi ai frequentatori delle tremila moschee sunnite, l’associazione politico-religiosa che si rifà al Consiglio degli Ulema di cui fa parte proprio Abdul Salam al Kubaisi, respinge senza mezzi termini qualsiasi accostamento con i gruppi paramilitari specializzati nei sequestri e con le bande che danno vita alla resistenza armata.
Il motivo del contendere religioso non è una vignetta ma, come detto, il plurismentito articolo di Repubblica. «Il giornale saudita Al-Watan - scrivono gli Ulema - il 1 febbraio 2006 ha pubblicato un articolo che riporta alcune informazioni dei cosiddetti servizi di sicurezza italiani (Ros) contenenti accuse secondo le quali il dottor Abdul Salam Al-Kubaisi, membro della Direzione dell’Associazione degli ulema musulmani sarebbe il regista del rapimento degli ostaggi italiani e avrebbe ricevute somme di denaro in cambio della loro liberazione. Nel condannare fermamente siffatte affermazioni - continua la nota - l’Associazione degli Ulema musulmani in Iraq ribadisce la totale infondatezza di simili notizie e rigetta le accuse palesemente false e sostanzialmente tese a mettere in cattiva luce l’Associazione, minandone, in un momento così delicato per l’Irak, l’immagine e il ruolo a livello nazionale e internazionale». Anziché promettere sfaceli, incendi d’ambasciate o roghi con quei giornali colpevoli d’aver riportato le informazioni pubblicizzate da Repubblica, l’Associazione degli Ulema ricorre minacciosamente alle vie legali. «Gli autori delle accuse - si legge in calce al volantino - si assumono la piena responsabilità giuridica degli attacchi alla persona del dottor Abdul Salam Al-Kubaisi considerato da tutti un eminente esponente dell’Associazione degli Ulema Musulmani. Nell’esprimere il rammarico per questi attacchi irresponsabili, l’Associazione avverte che ricorrerà alla magistratura contro tutti coloro che diffonderanno accuse del genere, compreso il giornale Al-Watan che doveva accertarsi della loro veridicità di pubblicarle giacché trattasi di accuse specifiche e non anche di semplici notizie». Abdel Salam Kubaisi, alto rappresentante della comunità Sunnita di Bagdad, noto in Italia per la sua partecipazione alla marcia della pace Perugia-Assisi nel 2003, è considerato il più affidabile fra i mediatori che negli anni si sono spesi per riportare a casa ostaggi occidentali rapiti dai gruppi integralisti islamici. Al Kubaisi avrebbe ricoperto un ruolo fondamentale anche nella liberazione delle due Simone e dei tre bodyguard italiani. Ma da qui a parlare di un pagamento segreto per i servigi resi dallo sceicco, secondo gli Ulema, ce ne passa. Perché o ci sono le prove, o si risponde in tribunale.
gianmarco.

chiocci@ilgiornale.it

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