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Unità d'Italia, Napolitano: negarla è da ignoranti

Il capo dello Stato stigmatizza "i giudizi sommari e i pregiudizi volgari" che negano un processo storico dalle radici profonde. E ammonisce: "Reagire contro i rumorosi detrattori". Infine avverte: "L'indivisibilità è un impegno politico e morale vincolante"

Unità d'Italia, Napolitano: negarla è da ignoranti

Roma - La negazione dell’unità d’Italia è frutto di una "deriva di vecchi e nuovi luoghi comuni, di umori negativi e di calcoli di parte", che attecchisce grazie al "grave deficit di conoscenze storiche diffuso di cui soffrono intere generazioni di italiani". Giorgio Napolitano, parlando all’Accademia dei Lincei, stigmatizza "i giudizi sommari e i pregiudizi volgari" che negano un processo storico dalle radici profonde. Sono "bilanci approssimativi e tendenziosi, di stampo liquidatorio, del lungo cammino percorso dopo il cruciale 17 marzo 1861".

La coscienza unitaria Secondo Napolitano è «"indispensabile un nuovo impegno condiviso per suscitare maggiore consapevolezza storica" dell’unità nazionale e "irrobustire la coscienza nazionale degli italiani". Il presidente ha spiegato che ha ripercorso tutte le tappe fondamentali dell’Unità d’Italia che ha "retto" a molte "prove drammatiche", "c’è da chiedersi quanto questo patrimonio di valori condivisi si sia venuto oscurando da tempo" e soprattutto per le "nuove generazioni". Sono, infatti, emersi "nuovi particolarismi e nuovi motivi di frammentazione e divisione nel tessuto della vita nazionale", un "rischio da non sottovalutare".

Liberarsi da faziosità meschine Nel celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia vanno lasciate da una parte le "faziosità meschine", è necessario per Napolitano uno "scatto" da parte delle classi politiche e dirigenti per fare il bene del Paese. "Questo - spiega il capo dello Stato - dovrebbe essere il programma da svolgere da qui al 2011: un impegno che vogliamo considerare pensabile e possibile, anche perchè ci sono nuove e stringenti ragioni per condividerlo". "L’impegno condiviso di cui parlo - continua Napolitano - implica una svolta da parte dell’insieme delle classi dirigenti, un autentico scatto di consapevolezza e di volontà in modo particolare da parte delle forze che hanno, o possono assumere, responabilità nella sfera della politica". Il presidente della Repubblica spera, infatti, che "ci si risparmi il banale fraintendimento nel vedere sempre in agguato l’intento di un appello all’abbraccio impossibile, alla cessazione del conflitto, fisiologico in ogni democrazia, tra istanze politiche e sociali divergenti". "È tempo che ci si liberi - conclude il presidente - da simili spettri e da faziosità meschine, per guardare all’orizzonte più largo del futuro della nazione, per elevare a livello di fondamentali valori e interessi comuni il fare politica e l’operare nelle istituzioni".

Lo squilibrio tra Nord e Sud "Il più grave motivo di divisione e debolezza che insidia la nostra unità nazionale è la divaricazione e lo squilibrio tra Nord e Sud", ha continuato il presidente della Repubblica spiegando che "affrontare nei suoi termini la questione meridionale  è un dovere della comunità nazionale e un impellente interesse comune" per "garantire all’Italia un più alto livello di sviluppo e di competitività".

"Non c’è alternativa - ha concluso Napolitano - al crescere di più e meglio insieme".

 

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