Politica

«Gli uomini più bravi delle donne» Si dimette il rettore di Harvard

Giuseppe De Bellis

Maschilista, gli dissero. Lawrence Summers ascoltò e incassò. Cominciò a pensare. Ha finito ieri: «Mi dimetto». La crisi dell’università più celebre del mondo è tutta nell’homepage del suo sito che annuncia le dimissioni del suo rettore. Harvard non piange, però. È stato un anno difficile, cominciato con quella frase: «Nelle materie scientifiche, le donne sono inferiori agli uomini per caratteristiche innate». Era gennaio del 2005 e Summers cominciò il periodo più complicato della sua vita. Più del sexgate di Clinton, quando rischiò di perdere il suo posto di ministro del Tesoro per colpa della relazione tra il presidente e Monica Lewinsky. Quella dichiarazione cambiò tutto, trasformò il numero uno dell’ateneo in un cattivo discriminatore. Il senato accademico lo sfiduciò per la prima volta. La settimana scorsa per la seconda. Quella buona. Summers ha deciso di lasciare, prima che la sfiducia arrivasse anche dal corpo docente.
L'economista rischiava alla fine del mese la condanna ideologica dei professori. Lascerà il posto a fine anno accademico, con grande delusione della Harvard Corporation che ha potere di vita o di morte sulle attività del campus. La società che gestisce il college aveva sempre coperto Summers: l’anno scorso dopo lo scandalo delle «donne inferiori» e nei mesi successivi quando era stato al centro di altre polemiche sulla gestione dell’università. Stavolta, però, una maggioranza dei sette membri della Corporation hanno dato a Summers il pollice verso. Con l'economista alla fine è rimasto solo Robert Rubin, il suo predecessore al Tesoro, che ha cercato di salvargli la pelle. Ieri un articolo del Wall Street Journal, con le dimissioni annunciate, ha suonato la campana a morto nonostante un sondaggio tra gli studenti che due su tre lo avrebbero voluto ancora la suo posto. Di lì a poche ore l'annuncio delle dimissioni.
Cinquantun anni, figlio di economisti, Summers era diventato presidente di Harvard nel maggio 2001. Il suo turbolento mandato alla testa della famosa università della Lega dell'Edera passerà alla storia per esser stato il secondo in ordine di brevità dopo quello di Cornelius Felton morto nel 1862 dopo appena due anni in carica.
In cinque anni a Harvard, Summers si era fatto nemici a iosa: il suo stile brusco e troppo spesso senza peli sulla lingua aveva provocato un esodo di luminari afro-americani tra cui il celebre Cornell West. La polemica sulle donne e la scienza, poi, non l’ha aiutato. Anzi, è stato l’errore più grave: tutte le professoresse e molti professori firmarono un documento di condanna delle sue parole.
Più di recente avevano provocato polemiche le dimissioni di William Kirby, preside della facoltà di arti e scienze. Kirby ha annunciato a gennaio che se ne sarebbe andato alla fine dell'anno accademico, ma alcuni membri della facoltà si erano convinti che Summers l'abbia messo alla porta. Purtroppo per l’ex ministro, Kirby era molto amato. Allora l’annuncio del suo addio ha rimesso Summers alle corde. Ora Kirby resta e lui va via. Le dimissioni aprono un vuoto di potere a Harvard, un ateneo che ha laureato sette presidenti americani e che ha un capitale da oltre 25 miliardi di dollari. L'ex rettore Derek Box assumerà la reggenza ad interim, mentre adesso molti si preoccupano per le grane legate alla successione: bisogna scegliere uno diverso da Summers, uno che non combini guai.

Forse sceglieranno una donna.

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