Vaticano

Boom di ragazze scomparse nel '83: lo strano legame col caso Orlandi

Tra maggio e giugno 1983 si persero le tracce di sedici ragazze a Roma. Una pista che vale la pena approfondire invece di insistere sugli intrighi internazionali

Boom di ragazze scomparse nel '83: lo strano legame col caso Orlandi

Sedici ragazze con un'età tra i quattordici ed i diciotto anni sono scomparse a Roma tra maggio e giugno del 1983. Questo è l'eclatante dato ricostruito dai criminologi Franco Posa e Jessica Leone dell'istituto di ricerca specializzato in cold case, NeuroIntelligence. Lo studio è stato realizzato su commissione dell'avvocato penalista Valter Biscotti che ne ha presentato i risultati in un colloquio con l'Ansa. Quei due mesi in cui si è concentrato un così alto numero di adolescenti scomparse nella Capitale non sono mesi qualunque: il 22 giugno 1983, infatti, scomparve, al termine di una lezione alla scuola di musica Tomaso Ludovico Da Victoria, la quindicenne Emanuela Orlandi.

Quarant'anni di misteri

Quarant'anni dopo, del mistero legato alla ragazza residente in Vaticano e figlia dell'allora dipendente della prefettura della casa pontificia si continua a parlare molto. Attualmente, oltre all'inchiesta aperta nel piccolo Stato dal promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi, nella commissione Affari Costituzionali del Senato italiano è in corso la discussione per l'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta ad hoc sulla sua scomparsa e su quella di poco precedente di Mirella Gregori.

In questi anni i casi delle due ragazze sono stati spesso collegati dopo che il nome di Mirella fu tirato in ballo dai sedicenti rapitori di Emanuela che utilizzavano la sigla di un inesistente Fronte di liberazione turco anticristiano Turkesh. L'associazione risale infatti ad un comunicato recapitato il 4 agosto 1983 alla redazione milanese dell'Ansa dai presunti sequestratori della Orlandi che, ribadendo la richiesta di liberazione di Ali Ağca, scrissero: "Mirella Gregori? Vogliamo informazioni. A queste condizioni la libereremo". Una frase confusa e per certi versi paradossale da chi sosteneva di tenere prigioniera la ragazza ma al tempo stesso, anziché fornirle, chiedeva informazioni.

In quarant'anni, nessuno tra gli autori di telefonate e comunicati di rivendicazione ha mai potuto dimostrare di aver effettivamente sotto custodia nè Emanuela né Mirella. Non esiste alcuna prova che le due scomparse siano collegate: analizzando la cronologia di quest'associazione si può ricostruire come il 1 agosto 1983 sul settimanale Panorama uscì un articolo a firma Marina Bussoletti e Bruno Ruggiero dal titolo "Emanuela e le altre" nel quale, partendo dal caso Orlandi che aveva già conquistato la ribalta mediatica, ci si soffermava sui duemila minorenni spariti in Italia fino a quel momento, "in maggioranza ragazze".

Oltre alla vicenda di Emanuela, nell'inchiesta giornalistica si citava la scomparsa precedente di Mirella con alcune dichiarazioni della madre ed una foto della ragazza con Giovanni Paolo II. Dal momento che la pista dei presunti rapitori si è poi rivelata un bluff, è presumibile che gli autori di quel primo comunicato abbiano tratto ispirazione proprio dall'articolo - uscito in edicola prima della lettera all'agenzia stampa - per accostare le due scomparse che però nell'immaginario collettivo restano comunque legate.

Troppe scomparse

La scoperta del team di criminologi consultati dall'avvocato Biscotti fa tornare d'attualità quel vecchio articolo di quarant'anni che parlava, appunto, di "Emanuela e le altre". Non solo Mirella ma altre quattordici ragazze di età tra i quattordici ed i diciotto anni di cui si sarebbero perse le tracce a Roma proprio tra il maggio e giugno del 1983. Se si prende in considerazione un arco temporale più ampio, dal 1982 al 1983, lo studio accerta che "nell'area geografica presa in considerazione sono stati identificati 34 casi di scomparsa legati dai seguenti fattori: età, sesso e luogo. Si trattava di soggetti di sesso femminile con un'età media totale di 15,7 anni".

L'attenzione dei criminologi si concentra sull'"elevata casistica compresa in uno spazio temporale e geografico limitato, circoscritto al territorio del comune di Roma". Nell'articolo di Panorama del 1983, proprio in riferimento all'alto numero di ragazze scomparse in Italia, si evocava l'ipotesi di quella che all'epoca veniva chiamata "la tratta delle bianche". Biscossi, alla luce dei risultati dello studio da lui commissionato, ritiene che l'alto numero scomparse di ragazze in quel periodo "merita di essere approfondito da un punto di vista investigativo" e per questo chiede di "accertare se esista anche il più piccolo elemento che possa essere comune". Quest'alta casistica, peraltro, era già stata evidenziata in un documento del 1983 redatto dalla divisione di Polizia giudiziaria della Questura di Roma e di cui IlGiornale.it aveva già parlato.

Un caso di cronaca che diventa spy story

L'entrata in scena dei presunti sequestratori con i loro appelli per la liberazione di Ali Ağca ha trasformato il caso Orlandi in una spy story a cui aveva creduto persino Giovanni Paolo II che per la liberazione della figlia del suo dipendente rivolse ben otto appelli, facendo finire in secondo piano piste più comuni. Nonostante l'assenza di qualsiasi riscontro degno di nota nelle telefonate e nelle presunte prove fatte ritrovare dai sedicenti sequestratori, da allora il fatto di cronaca nera continua ad essere associato ad intrighi internazionali e al presunto coinvolgimento della Santa Sede sebbene le numerose piste e rivelazioni che ci sono state nel corso degli anni hanno portato ad un nulla di fatto.

Dal Vaticano è arrivato il mea culpa per aver dato credito all'inizio al rapimento legato al terrorismo internazionale: nella nota scritta nel 2012 dall'allora direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi si ammise che:

"A quel tempo le Autorità vaticane, in base ai messaggi ricevuti che facevano riferimento ad Ali Agca – che, come periodo, coincisero praticamente con l’istruttoria sull’attentato al Papa – condivisero l’opinione prevalente che il sequestro fosse utilizzato da una oscura organizzazione criminale per inviare messaggi od operare pressioni in rapporto alla carcerazione e agli interrogatori dell’attentatore del Papa".

Quella pista, in realtà, si è rivelata con ogni probabilità frutto di mitomani o di depistatori. Eppure buona parte dell'opinione pubblica ha continuato a ritenerla il tassello principale del mosaico del caso Orlandi, considerandola l'origine della presunta responsabilità o complicità della Santa Sede. Quarant'anni dopo, il risultato dello studio dei due criminologi, invece, potrebbe ricondurre la vicenda in binari più consoni, quelli della cronaca nera e non degli intrighi internazionali.

Anche perché è un dato di fatto che Emanuela fu vista l'ultima volta non in territorio vaticano ma a Roma, in Italia: la videro due compagne di scuola di musica su Corso Rinascimento. La residenza della ragazza nel piccolo Stato entrò prepotentemente nella vicenda dopo il primo appello di Giovanni Paolo II all'Angelus ma non esistono legami con la scomparsa in sè, se non per la scuola di musica da cui però era già uscita e che era collegata al Pontificio Istituto di Musica Sacra.

Il numero così alto di minorenni di quell'età scomparse a Roma proprio nei mesi di maggio e giugno non è un elemento più rilevante da prendere in considerazione nella ricerca della verità sul destino della ragazza con la fascia rispetto all'inseguimento di ripetitive quanto erronee suggestioni sul Vaticano?

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