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Verona, skinhead confessa: "Sono stato io"

In manette uno degli autori dell’aggressione a Nicola Tommasoli compiuta per una sigaretta negata. È caccia ai complici: due fuggiti all’estero. La vittima è in coma: oggi potrebbe essere dichiarata la morte cerebrale

Verona, skinhead confessa: "Sono stato io"

Verona - Nicola Tommasoli, 29 anni a settembre, è tra la vita e la morte, nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Borgo Trento, a Verona. Domani comincerà il periodo di osservazione per l’eventuale dichiarazione di morte cerebrale. «Me l’hanno ridotto così e non so nemmeno chi ringraziare», aveva detto in lacrime la mamma, Maria Tommasoli, poco dopo aver saputo dell’assurdo pestaggio di cui era rimasto vittima il figlio. Da ieri mattina qualcuno da «ringraziare» c’è: è un ventenne veronese di buona famiglia, ultrà del Veneto Fronte Skinheads, che si è presentato in questura accompagnato dall’avvocato e ha confessato di essere uno degli aggressori. Già in passato sottoposto alla Daspo, il provvedimento che vieta di assistere a eventi sportivi, ora è in carcere.

Del resto, il cerchio di polizia e carabinieri si stava stringendo attorno ai responsabili, grazie anche ai filmati ricavati dalle telecamere della zona a traffico limitato e delle banche presenti in gran numero in via Leoni, pieno centro di Verona, dove è avvenuto il pestaggio. Altri due giovani appartenenti ai gruppi di estrema destra sarebbero stati individuati ma risulterebbero già all’estero. Degli ultimi due, invece, non ci sarebbero elementi sufficienti per arrivare all’identificazione.
Tutto comincia nella notte del primo maggio. Nicola e due suoi amici stanno tornando alla macchina, dopo una serata passata in compagnia. Si ride, si scherza, come sempre, a pochi passi dall’Arena, nel cuore di Verona. A un certo punto si avvicina un gruppo di cinque giovani, vestiti in modo normale, senza simboli di appartenenza e con accento veronese: «Hai una sigaretta?». «No», risponde Nicola. Quel no, chissà come mai, scatena una reazione violentissima. Il gruppo assale Nicola a pugni e calci, il giovane cade a terra e i colpi proseguono, fino a quando, dopo aver sbattuto il capo sull’asfalto, perde i sensi. Gli altri due amici, colpiti a loro volta ma in modo non così violento, chiamano col cellulare i soccorsi e i carabinieri e gli aggressori fuggono veloci, inghiottiti da una città che conoscono come le proprie tasche.

«L’impressione è che cercassero una scusa per attaccare briga, ma poi sono fuggiti, forse perché impauriti - ha spiegato il maggiore Giuseppe Serlenga, comandante della compagnia dei carabinieri di via Salvo D’Acquisto -. Se avessero voluto uccidere, avrebbero continuato».

Il dramma di Nicola, disegnatore in un’officina meccanica, molto apprezzato sul lavoro, è appena cominciato. Non dà segni di vita e quando arriva a Borgo Trento i medici capiscono subito che le sue condizioni sono disperate. «Sono realista - racconta Luca Tommasoli, il papà di Nicola, al quotidiano l’Arena - i medici mi hanno detto che aveva avuto un accenno di ripresa ma che poi le condizioni sono tornate gravissime».

Uno dei responsabili, già in passato sottoposto alla Daspo, il provvedimento che vieta di assistere a eventi sportivi, è in carcere.

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