Cronache

«Vi porto la mia musica, ribelle e rock»

«Vi porto la mia musica, ribelle e rock»

Questa sera alle 21.00 all’Auditorium del Porto Antico - Sala Maestrale farà tappa l’«Eugenio Finardi Electric Tour 2011».
Saranno i nuovi arrangiamenti elettrici e le nuove sonorità rock a caratterizzare il concerto dal vivo del cantautore milanese. Un’attesa rivisitazione dei classici di Eugenio Finardi che non deluderà i fans e farà splendere sotto una nuova luce canzoni simbolo come: «Extraterreste», «Musica Ribelle», «La Radio», e sarà l’occasione di ripescare brani che il musicista non suonava da tempo.
Torni sui palchi dei maggiori Live Club con un tour rock-elettrico che sa di ritorno alle origini. Come mai?
«L’idea mi è venuta dall’esperienza, dall’omaggio che ho fatto alla poliedrica figura di Vysotsky, grande poeta ribelle»
Eugenio Finardi, infatti, ha pubblicato il cd «Il Cantante Al Microfono» e gettato così un ponte tra la canzone d’autore e la musica classica contemporanea partendo dall’attore, poeta e cantautore russo Vysotsky, tragicamente scomparso nel 1980, che capì e cantò l’anima vera del suo popolo e perciò fu duramente osteggiato dal regime sovietico. Dal corpus delle sue oltre 500 canzoni Eugenio Finardi e Filippo Del Corno hanno scelto una decina di titoli rappresentativi della tensione etica, spirituale, politica e dell’ironia corrosiva che anima il lavoro dell’autore e poi sono state tradotte le canzoni in italiano e sono state orchestrate per l’ensemble strumentale «Sentieri Selvaggi», in una versione che mette in luce l’altissima qualità poetica e musicale dei versi di Vysotsky e permette il pieno dispiegamento della straordinaria potenza interpretativa di Eugenio Finardi.
«In questi giorni sta uscendo anche il dvd ed è proprio ascoltando la traccia sonora in studio, con il volume alto, che ho sentito le vibrazioni di un impatto rock».
Cos’è il rock per te?
«Il rock non è un genere ma un atteggiamento. Il vero rock nasce con i Beatles, nasce con il blues, nasce come ribellione».
Nella tua carriera hai fatto svariate esperienze, cantante, autore, poeta persino mimo e ora scrittore: chi è Eugenio Finardi?
«Sono un condannato ad essere musicista. La musica non è una scelta. Lo diceva l’altro giorno in tv un neurologo le persone pensano con le parole i musicisti hanno pensieri astratti tipo “Lap Lup” (accennando un brano, ndr). Vivono nell’astrazione. Mia figlia suona il violino e fa un passaggio di Bach perfetto e io le chiedo spesso di ripetermelo, solo chi è musicista può cogliere la perfezione del susseguirsi di quelle note».
Parliamo del tuo libro «Spostare l’orizzonte. Come sopravvivere a quarant’anni di vita rock». Sei anche scrittore?
«Quello è stato un incontro con Antonio G. D’Errico, che è una persona profondamente diversa da me, non è un mio fan, è un biologo, ha una matrice differente dalla mia. Insomma lui ha fatto da testimone, io ho voluto aprire una finestra sulla mia vita, sul mio lavoro ricambiando l’intimità che il mio pubblico mi ha dato. C’è gente che si è sposata con una mia canzone o ha dato il nome di una mia canzone a suo figlio. Lo dovevo, ero in debito».
Cosa fa ora Eugenio Finardi?
«Sopravvive ad una vita eterodossa. Guardo il cielo limpido di Milano in questa bella giornata e in lontananza vedo il grigiastro dello smog e penso che abbiamo perso anche il piacere dell’aria pulita. Penso alla temporaneità, al fatto che non siamo onnipotenti e forti e che la vera ricchezza degli uomini sarebbe l’essere uniti».


Eugenio Finardi, musicista ma anche saggio poeta.

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