Vietato mandare mail «fuori orario» al dipendente

La Francia sancisce il «diritto alla disconnessione». Le aziende: «Ridicolo»

Nino Materi

In ogni ambiente di lavoro che si «rispetti», c'è sempre il solito ipersindacalizzato - quasi sempre assunto in quota «diversamente capace» (sì, insomma, un incapace ndr) - che è ferrato in una sola materia: le tante mansioni cui «non è tenuto» e le pochissime cui sarebbe tenuto (ma da cui si tiene comunque prudentemente alla larga).

Questa tipologia di lavoratore (si fa per dire) è trasversale: lo si trova sia nel pubblico sia nel privato. Inoltre è una figura global, nel senso che si annida in ogni parte del mondo.

Tutti questi soggetti hanno salutato con comprensibile piacere l'ultimo provvedimento preso in Francia nell'ambito della nuova legge sul Jobs Act transalpino. Sembra una barzelletta, ma è tutto vero. Ecco di cosa si tratta. Da oggi l'azienda che invia una mail di lavoro nel weekend rischia grosso; idem se invia un messaggio di posta elettronica a un dipendente nel suo giorno di riposo, ferie o malattia. Insomma, di lavoro si può parlare solo in orario d'ufficio ed esclusivamente dal lunedì al venerdì. In tutti gli altri casi il capoufficio è tenuto gentilmente a tenersi alla larga. E a non molestare i sottoposti con messaggini fuori luogo, mail inopportune o - peggio - intollerabili telefonate. In caso contrario l'azienda potrà essere sanzionata. Per cosa? Stalking amministrativo.

Pare un'esagerazione, ma Parigi ha sancito con un'apposita legge il diritto di «disconnettersi»; la norma vieta infatti alle aziende con 50 o più dipendenti di contattare il personale dopo che i cancelli aziendali si sono chiusi. «Una conquista per il benessere dei lavoratori pensata per abbattere gli effetti negativi dell'essere sempre connessi e reperibili anche al di fuori dell'orario di lavoro», esultano i sindacati francesi (e con loro anche tutti gli imboscati da essi rappresentati).

«Tutti gli studi dimostrano che c'è molto più stress correlato al lavoro oggi rispetto al passato, e che lo stress è costante», ha detto alla BBC Benoit Hamon infaticabile membro del Partito Socialista e ministro durante i governi Ayrault I, Ayrault II e Valls I.

«I dipendenti - prosegue lo stakanovista Hamon con sprezzo del ridicolo - lasciano fisicamente l'ufficio, ma di fatto non staccano mai. Rimangono attaccati al proprio lavoro come un cane legato a un guinzaglio elettrico. I documenti, i messaggi, le email colonizzano la vita del lavoratore, fino al punto in cui scoppia. Bum. Neanche si trattasse di un kamikaze.

Ma da oggi la nuova legge in Francia ha finalmente liberato il campo dalle mine dell'iperattivismo: «Lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, se mal gestito o mal regolato, può avere un impatto sulla salute dei lavoratori», recita l'articolo 25 del disegno di legge. Il quale disegno di legge si prefigge di «tutelare i francesi dal carico di lavoro e il sovraccarico informativo, l'offuscamento dei confini tra vita privata e vita professionale. Tutti rischi associati all'uso della tecnologia digitale».

«Il diritto di disconnettersi non è necessariamente un obbligo ma un'opportunità per rendersi conto che il mondo non smette di girare, di scrivere o di lavorare, se ci disconnettiamo dai nostri dispositivi», ha scritto Lauren Collins sul The New Yorker.

Jhon Whittle, ricercatore presso il Digital Brain Switch, nel Regno Unito, ha dichiarato invece al Washington Post che «questa legge può essere controproducente per i lavoratori perché al loro ritorno in ufficio dopo una vacanza o dopo una pausa possono sentirsi ancora più sopraffatti al pensiero di essere inondati da centinaia di messaggi di posta elettronica.

Soluzione possibile: non tornare in ufficio.

Mai.

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