«Zero Irpef entro 5 anni E Milano torna a correre»

Parisi lancia la sua manovra fiscale: Cosap ai livelli pre-Pisapia e sconti Imu

Chiara Campo

«Abolizione dell'addizionale Irpef entro fine mandato». Stefano Parisi supera la promessa elettorale dello sfidante Pd. Beppe Sala giorni fa ha annunciato che se sarà eletto alzerà la soglia dell'esenzione da 21mila a 28mila euro di reddito. Ma il candidato del centrodestra marca la differenza: «Lui non è credibile, lo ha proposto a fianco dell'assessore al Bilancio della giunta, Francesca Balzani, che in questi anni ha stangato i milanesi. Lee tasse sono cresciute del 120%, con l'ex sindaco Letizia Moratti una famiglia tipo versava in media 499 euro all'anno, con Pisapia 1.993 euro, ben 1.494 in più ogni anno. Noi invece abbiamo le prove che con la Moratti e Gabriele Albertini» accanto a lui ieri e capolista della civica «Io corro per Milano» «i milanesi non hanno mai pagato l'Irpef». L'ha introdotta Pisapia nel 2011, portandola gradualmente dallo 0,2 allo 0,8 per mille e abbassando l'esenzione da 35mila a 21mila euro di reddito. Quella di Parisi è una manovra fiscale in (almeno) sei mosse. L'Irpef è un impegno che realizzerà entro il mandato, sull'alleggerimento delle tasse sulle imprese vuole partire subito «per generare sviluppo e quindi occupazione». Parla di azzeramento degli oneri di urbanizzazione per chi demolisce e ricostruisce immobili in classe energetica A (la più ecologica). In questo modo «avremo zero consumo di suolo, più imponibile, riqualificazione ambientale». Niente Imu per le aree e immobili in prossima trasformazione. Vuole riportare la Cosap ai livelli pre-stangata di Pisapia, quella revisione dei coefficienti lanciata dall'assessore Franco D'Alfonso (si ricandida nella lista civica di Sala) che ha fatto schizzare la tariffa base delle occupazioni di suolo pubblico del 127%. L'alleggerimento della Cosap per sostenere le piccole e medie imprese sarà graduale («dobbiamo agire in pareggio di Bilancio») ma intende abbattere subito del 50% la Cosap per le feste di via. In arrivo lo sconto Tari per chi dona alimenti alle persone in difficoltà assistite dalle Onlus (che «certificheranno» la consegna e quindi il diritto allo sgravio fiscale). Infine, riduzione Imu dall'8x1000 al 5x1000 per le start up («se ne parla tanto ma sono lo 0,2% delle imprese totali» segnala Parisi), per artigiani e commercianti. Una mano ai negozi storici: dal 2011 ad oggi circa 690 hanno abbassato le serrande. Accanto a Parisi, l'editorialista Oscar Giannino ha denunciato come la pressione fiscale introdotta da Pisapia abbia allontanato le grandi multinazionali: «L'attrattività del Paese per i grandi marchi è salita del 3&, a Milano è calata del 4%. Va invertita la tendenza». E fa presente che il calo dei trasferimenti statali a Milano (nel 2015, circa 268 milioni rispetto al 2010) non giustifica un aumento delle tasse pari a 716 milioni. C'è uno scarto di 430 milioni. Mentre altri Comuni hanno tagliato la spesa pubblica, «la giunta Pisapia l'ha aumentata. Ha levato ossigeno alle imprese per coprire le spese».

Se sarà eletto, dove troverà Parisi i circa 180 milioni all'anno che servirebbero a coprire l'azzeramento Irpef, o la trentina di milioni per scontare gli oneri di urbanizzazione? «Digitalizzazione della macchina comunale, che permetterà di ridurre drasticamente la spesa, un nuovo rapporto tra pubblico e privato: dobbiamo passare la gestione di alcuni servizi che possono diventare più economici ed efficienti. Poi piano di dismissioni delle partecipate che non sono più un business per il Comune e maggiore autonomia finanziaria». L'ultimo punto dipenderà dal governo: «Chiederò con più forza al premier Renzi una maggiore flessibilità per gli enti locali. L'Anci a presidenza Pd negli ultimi anni ha abbassato troppo la testa». E basta «alla chiusura dei Bilanci con i dividendi e 390 milioni di incassi da multe. I milanesi non sono diventati tre volte più indisciplinati rispetto agli anni della Moratti (le entrate da sanzioni erano di 133 milioni). Pisapia ha messo autovelox-trappola per essere certo di incassare quella cifra».

Per Sala quelle dello sfidante «non sono proposte ma un libro delle favole».

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