Aver sensualità e poterla esprimere. Ecco ciò che distingueva Cyd Charisse - morta ieri all'età di 86 anni - da Ginger Rogers, per esempio.
Dopo aver esordito nel 1943 in Nasce una stella di Gregory Ratoff col nome di Lily Darwood, s'impone come Cyd Charisse col numero Broadway Melodies in Cantando sotto la pioggia, di e con Gene Kelly (1952); già l'anno dopo sarà coprotagonista in Spettacolo di varietà di Vincent Minnelli, avendo il suo momento più alto sulle note di Dancing in the Dark, che quasi mezzo secolo dopo sarà il titolo del film musicale di Lars von Trier, palma d'oro a Cannes.
Fra il modo di ballare di Ginger Rogers e quello di Cyd Charisse, c'era di mezzo un cambio di generazione e mentalità: lo sgambettar perbene cedeva al dimenarsi permale. Sinuosa nei movimenti, gambe valorizzate da uno spacco inguinale dell'abito aderente, Cyd Charisse interpretava danze che, a ben guardare, erano amplessi solitari; il partner, se c'era, si manteneva a tale distanza che le censure, anche quelle occhiute italiane, lasciavano correre. O meglio ballare.
Ma anche quando i suoi numeri di ballo erano integrati in film non musicali Cyd Charisse campeggiava sullo schermo. Si era rivelata credibile accanto ad attori di grande carisma come Robert Taylor nel Dominatore di Chicago di Nicholas Ray; o come Kirk Douglas in Due settimane in un'altra città, ancora di Minnelli (la «città» era poi Roma, sfondo di tristezze sentimentali e professionali di declinanti cineasti americani). Quest'incursione a Cinecittà valse poi a Cyd Charisse, nell'età in cui Hollywood la considerava ormai superata, di essere protagonista in Assassinio made in Italy di Silvio Amadio (futuro mentore di Gloria Guida), dimenticato ma discreto esempio di film sullo spionaggio industriale. L'abilità nel passaggio dal film musicale a quello di recitazione sarà confermato da Dossier Marocco 7 di Gerry O'Hara, vicenda di assassini seriali e fotomodelle con Denholm Elliott ed Elsa Martinelli. L'ultimo titolo di rilievo a giungere in Italia fu, per Cyd Charisse, Matt Helm, il silenziatore di Phil Karlson, con Dean Martin.
Le generazioni più giovani hanno ricordi di lei legati ai tre documentari That's entertainment sui musical. E già il titolo, che è poi quello originale di Spettacolo di varietà, dice quanto ruolo avesse lei come simbolo di un'epoca dove essere belle era l'inizio: poi si doveva essere brave.
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