da Milano
Lombra, mai fugata, di un commissariamento si sta nuovamente allungando su Alitalia. Soluzione estrema che trova tuttavia fondamenti in un paio di fatti degli ultimi giorni: innanzitutto, lo scivolamento della data entro la quale il presidente Maurizio Prato si era impegnato a indicare il nuovo partner (leggi: padrone) della compagnia. Aveva detto «entro il 10 novembre», che poi è diventato il 15 e che ora sembra spostarsi al 20. Ciò è indice sicuramente di una fase di trattativa intensa, ma anche di una situazione ancora confusa. A questo, poi, è da mettere in relazione una frase pronunciata dal sottosegretario allEconomia, Massimo Tononi: «La trattativa - ha detto - sarà completata dalla compagnia». Sottolineando il distacco che vuole mantenere il governo in questa vicenda. Fin dallinizio Prato ha avuto lincarico esplicito di vendere; ma più passa il tempo, più per lesecutivo Alitalia diventa imbarazzante.
Perché? È presto detto. Quello che resta il principale candidato, Air France, è irrigidito sulla questione Malpensa, e non vuol sentir parlare dello scalo lombardo come «hub». Questione, come si sa, che infastidisce molto il governo con i contrasti Milano-Roma che inevitabilmente provoca e sottolinea. Il piano industriale «di sopravvivenza» di Alitalia, firmato dallo stesso Prato, è stato ispirato da Air France, e va incontro agli interessi di questa. In questultima stretta della trattativa, in cui si stanno studiando le tecnicalità dellingresso di un partner, Parigi sembra altrettanto rigida su un fatto: non intende acquistare azioni dal Tesoro (comera previsto dal vecchio bando della gara, peraltro fallita), ma investire nel capitale della compagnia.
Tutto questo al governo non aggrada: perché gli sarebbe difficile dimostrare di aver concluso una buona operazione. Ci sono forti probabilità che, se andrà in porto lingresso di Air France, sarà nellambito di un aumento di capitale in cui il Tesoro verrà semplicemente diluito. I francesi, con una quota minoritaria, verrebbero a comandare a Roma, e al Tesoro resterebbe una quota che si potrebbe definire «di garanzia», ma che risulterebbe soltanto un pesante onere soprattutto in termini di relazioni industriali. Tuttaltro di quella «pari dignità» che in passato tante volte è stata evocata per unalleanza tra Alitalia e Air France.
E Lufthansa? Alcuni, nei giorni scorsi, lhanno data per favorita. Può darsi, e dalla sua ha tra laltro latteggiamento possibilista verso Malpensa. Ma altri esperti giudicano la trattativa dei tedeschi come una mossa di disturbo nei confronti dei francesi, e un favore a Prato. Non si dimentichi una cosa fondamentale: poiché la presenza in Italia di Air France oggi si basa su una stretta alleanza commerciale con Alitalia, se questa finisse a Lufthansa i francesi verrebbero drasticamente ridimensionati sul mercato della Penisola. Cosa che non si possono permettere. Sullo sfondo resta lopzione improbabile ma mai tramontata di Air One, che risponderebbe, più che a un vero disegno industriale, a un proficuo messaggio di «italianità».
Eccoci dunque al commissario. Se le condizioni di vendita dovessero risultare impresentabili, se la svendita dovesse essere troppo evidente, il governo potrebbe decidere di evitare questonta e di affidare machiavellicamente la compagnia alla legge Marzano, con un puro scopo di rappresentazione mediatica; il messaggio politico a quel punto sarebbe: non labbiamo voluta svendere, intendiamo risolvere alla radice il problema.
Peccato che intanto i conti della compagnia peggiorino paurosamente di giorno in giorno (lindebitamento a settembre è aumentato del 6%, e la liquidità si è ridotta del 15%) e che troppi anni siano stati sprecati.
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