Politica

Allarme rosso per le Eolie Meraviglie d’Italia a rischio

Secondo l’Unesco 33 pilastri della storia dell’umanità sono in stato di abbandono Nella «lista nera» ci sono anche l’arcipelago siciliano e le ville palladiane

Sull'atlante sono sette puntini sparsi nel mare blu del nord della Sicilia. Appaiono così le isole Eolie, arcipelago di origine vulcanica noto in tutto il mondo per il suo paesaggio brullo e le spiagge incontaminate. Dal 2000 fanno parte del patrimonio mondiale dell'umanità, istituito dall'Unesco 35 anni fa. Presto potrebbero entrare in un'altra lista: quella dei luoghi in pericolo. Potrebbero entrarci con un altro tesoro del nostro Paese: le ville che l'architetto Andrea Palladio progettò nel Cinquecento sui colli di Vicenza. In tutti e due i casi è l'attività dell'uomo a minacciare la sopravvivenza dei siti, come emerge dal dossier pubblicato sull'ultimo numero del mensile Geo.
Le Eolie continuano a subire la dannosa attività estrattiva dalle cave di pomice, il paesaggio delle ville palladiane (patrimonio Unesco dal 1994) rischia di essere compromesso dalla realizzazione dell'autostrada Valdastico sud. È per questo che l'organizzazione delle Nazioni Unite ha avviato un'azione di monitoraggio. Se gli esperti dovessero giungere a conclusioni negative sulle loro condizioni, le due località potrebbero aggiungersi ai 31 tesori già inseriti nell'elenco del patrimonio mondiale in pericolo. Per l'Italia, che vanta il record di 41 siti riconosciuti dall'Unesco, sarebbe un esordio. Mai, in passato, una località del Belpaese aveva attirato l'attenzione della speciale commissione internazionale. Che oggi, sotto la lente di ingrandimento, ha altri due luoghi simbolo: l'insediamento industriale di Crespi d'Adda e le colline della Val d'Orcia. Per il momento sono considerate solo zone critiche. Non è escluso, però, che l'attività di monitoraggio possa coinvolgerle a breve. L'iscrizione nell'elenco dei «casi difficili» non rappresenta una bocciatura. È lo strumento con il quale le Nazioni Unite perseguono il recupero dei luoghi a rischio, fra gli 830 che costituiscono il patrimonio mondiale dell'umanità. Con una costante attività di informazione e, più concretamente, di restauro, ricostruzione e salvaguardia, portate avanti d'intesa con le autorità locali e le altre istituzioni non governative. Gli sforzi hanno già dato molti frutti. Numerosi luoghi, sottratti all'abbandono e al degrado, sono stati restituiti al mondo e cancellati dalla famigerata lista nera.
Un esempio su tutti è la città di Dubrovnik, parzialmente distrutta dai bombardamenti serbi durante la guerra in Jugoslavia e tornata al suo antico splendore pochi anni dopo. Oggi gli occhi sono puntati soprattutto sulle bellezze dei Paesi in via di sviluppo, più degli altri esposti a turismo selvaggio, speculazione edilizia, calamità naturali e guerre. Non è un caso che la maggior parte dei 31 siti in pericolo sia concentrata in Asia, Africa e America del sud. La maglia nera spetta al Congo, dove sono ben cinque i luoghi a rischio: parco nazionale del Garamba, parco nazionale di Kahuzi-Biega, parco nazionale del Salonga, parco nazionale dei monti Virunga e riserva faunistica dell'Okapi. L'Europa è rappresentata dai monumenti medioevali del Kosovo, Dresda e la valle dell'Elba. Gli Stati Uniti dal parco nazionale delle Everglades. Ma, forse, il simbolo dello scempio è rappresentato dai giganteschi Budda incastonati nelle rocce della valle di Bamiyan, in Afghanistan. Nel marzo 2001 i talebani decisero che la loro presenza, dopo 1.800 anni, era contraria all'Islam. Li fecero saltare in aria con la dinamite.

Oggi l'Unesco si batte per salvare le nicchie e ricostruire le statue.

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