Baglioni & Baglioni

RomaE il bello è che si diverte proprio, mica fa per finta. Canta per quasi tre ore, lo farà nei posti più belli d’Italia e scommettete che lui, lo stupefacente Claudio Baglioni, 58 anni invisibili, riuscirà a mantenere lo stesso entusiasmo in ciascuno dei concerti? Insomma, ieri è iniziato in Piazza di Siena, crocevia fascinoso e umidissimo di Villa Borghese, il gigantesco tour di «Gran Concerto», uno spettacolo che, comunque la si veda, è di più. E diventerà l’evento dell’estate pop italiana. Innanzitutto le canzoni, che sono ben più di trenta, molte hanno quasi quarant’anni, ma alcune non sono neppure ufficialmente nate, visto che fanno parte del disco in uscita a fine ottobre (trovata inedita finora in Italia). E poi il significato.
Il Gran Concerto è, come spiega Baglioni, «la storia musicale di un amore che non dura tutta la vita ma la cambia per sempre». Insomma è la rivisitazione del suo debutto, il disco Questo piccolo grande amore che registrò in un mese nel 1972 e che cambiò la vita a lui e alla canzone d’amore italiana, condannata da allora a fare i conti con «quella sua maglietta fina». Lanciato, poi consacrato e poi infine annoiato da quell’album, adesso Baglioni ha imparato a dominarlo fino in fondo e lo canta a modo suo perché da Piazza del Popolo e Battibecco fino a La mia libertà e Quanto ti voglio si capisce che quei brani sono rinati, hanno anche qualche strofa in più, ma vestono ancora perfettamente la sua voce.
Già, la voce: un miracolo, duttile com’è nonostante il tour de force, e calda quanto basta. E allora, usando come filo conduttore i versi di Questo piccolo grande amore (cantata per intero solo a metà concerto), Baglioni incastona il suo ieri (quell’album, riveduto e corretto) con il suo domani, ossia le canzoni del prossimo disco, che si intitola QPGA e contiene rivisitazioni degli originali, brani inediti come In viaggio (già in radio), Torta di nonna, Quanta strada da fare e Così come sei tu. In totale, più di due ore e quaranta su di un palco con un megaschermo ultra techno di 250 metri quadrati e 300 riflettori. In poche parole, ci vogliono 13 bilici per trasportarlo da un posto all’altro (sarà anche all’Arena di Milano il 17 giugno) e centocinquanta persone per montarlo ogni volta dall’inizio alla fine. In più, c’è l’orchestra di Morricone, la Roma Sinfonietta, che ha registrato le sue parti anche su video e così le immagini sono trasmesse sul megaschermo in sintonia con quelle suonate dal vivo (ottima band, preciso e virtuoso il chitarrista Paolo Gianolio).
E se non c’è l’orchestra, ecco che appaiono scene del film QPGA (uscito a febbraio), scene inedite girate da cinque troupe oppure estratte dal film Koyaanisqatsi, prodotto da Coppola nell’82. Ecco, vedete: è un progetto ambizioso e complesso e appena autocelebrativo che si snocciola fino a diluirsi negli ultimi dieci brani, ossia i classici, da Amore bello alla finale La vita è adesso. Poi, naturalmente, standing ovation di un pubblico nel quale mica sono pochi quelli che nel 1972 non erano ancora nati.
Tanto per dire, giovedì un bel po’ di spettatori si erano avvicinati il più possibile a Piazza di Siena per seguire da lontano (e applaudire fino all’una di notte) le prove a porte chiuse.

E ieri sera in quel teatro a cielo aperto di Piazza di Siena, mentre lui vestito di bianco sgomitava con il suo passato, la platea tutta esaurita da mesi si è trovata sospesa nel tempo, golosamente appagata dal rivivere le emozioni di allora e scoprire che piacciono ancora oggi, quasi quarant’anni dopo. E poi dite che è poco.

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