Call-center antiaccattonaggio Un altro flop del Campidoglio

Dovrebbe raccogliere le segnalazioni di sfruttamento dei minori, ma gli utenti lamentano gravi inefficienze

Valeria Arnaldi

«È stato un buco nell’acqua». Così Matilde De Paola Giuliani, presidente dell’Associazione Tutela per l’Infanzia definisce il numero telefonico istituito dal Comune di Roma contro il baby-accattonaggio. Attivo, almeno sulla carta, dalle 9 alle 18, il call center che fa capo al Centro comunale di contrasto alla mendicità infantile dovrebbe raccogliere le segnalazioni sui minorenni che chiedono l’elemosina, fornite dai cittadini più attenti e coscienziosi, per garantire un rapido intervento della polizia municipale. La tempestività è, infatti, una delle poche «armi» a disposizioni di forze dell’ordine e istituzioni per mettere fine allo sfruttamento dei minori. «Abbiamo ricevuto numerose proteste - spiega la presidente Ati - da persone che volevano segnalarne la presenza e richiedere l’intervento delle forze dell’ordine ma, pur avendo tentato più volte di contattare gli operatori del Centro, non sono riuscite a farlo. Il numero squillava a vuoto». Il servizio, a detta del Comune, sarebbe affidato ad operatori qualificati, assistenti sociali, psicologi e avvocati, ma a mettere in discussione le tanto pubblicizzate qualità degli esperti sono proprio gli utenti. «Le lamentele - prosegue De Paola Giuliani - riguardano le mancate risposte, ma in molti casi, interessano gli operatori che, dotati di una scarsa sensibilità, presterebbero poca attenzione alle denunce, vanificando lo sforzo di chi ha chiamato». Il servizio telefonico è stato attivato nel 2004 per il primo anno di attività del Centro. Il primo mese, ha registrato circa 500 segnalazioni, ma immediatamente dopo l’Ati ha cominciato a ricevere proteste per il suo mancato funzionamento, tanto da inserire il servizio del Comune tra gli argomenti oggetto di una conferenza sullo sfruttamento dei minori, tenutasi nel novembre del 2004, con la specifica segnalazione di commenti negativi da parte di numerosi utenti perché «il servizio non ha risposto». Quella che poteva sembrare una partenza lenta si è rivelata, in realtà, il momento di maggiore attività del call center, almeno a giudicare dalle lamentele. Pochi poi gli interventi. Sono, soprattutto, i commercianti a denunciare il fenomeno che, per il loro lavoro, hanno la possibilità di effettuare un monitoraggio quotidiano dello sfruttamento in strade e piazze. Spesso passano giorni, se non settimane, prima di veder comparire i vigili urbani, e, di solito, il loro intervento si limita al rapido passaggio di una pattuglia. Il «buco nell’acqua» del Comune va a scapito di molti bambini. Per il sito capitolino che pubblicizza l’attività del Centro e del call center i minori che, ogni giorno, chiedono l’elemosina nella capitale sarebbero 300/400.

Telefono Azzurro corregge le stime: sono migliaia a Roma, capitale di un’organizzazione di sfruttamento che registra 8mila vittime giornaliere, dai 2 ai 12 anni, solo nel Lazio. Questione di numeri, o forse, di sensibilità.

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