di Stefano Lorenzetto
Diceva Jean Cocteau che il verbo amare è uno dei più difficili da coniugare: il suo passato non è semplice, il suo presente non è indicativo e il suo futuro non è che condizionale. Poche figlie sono state più amate di Eluana Englaro, nata a Lecco il 25 novembre 1970 e morta per fame e per sete a Udine il 9 febbraio 2009.
Lha amata disperatamente sua madre, al punto da voler scomparire con lei dalla scena pubblica ben prima che questa catastrofe collettiva avesse un prologo e un epilogo. Lha amata suo padre, tanto da pretendere per lei la morte pur di sottrarla alla cosiddetta «non vita». Lhanno amata suor Albina e le suore misericordine di Lecco, che lhanno accudita con eroica abnegazione per 17 anni e se la sono vista portar via con la forza, avendo solo il tempo dinviarle unultima carezza via etere, dal Tg1: «Eluana, non avere paura di quello che ti succederà».
Lhanno amata i medici, che si sono prodigati prima per restituirla alla sua gioventù, poi per alleviarne le sofferenze e infine per «liberarla» dal suo corpo trasformatosi in gabbia. Lhanno amata i magistrati, che hanno decretato che cosa fosse buono e giusto per lei. Lhanno amata gli amici, che si sono presentati puntualmente nelle corti di giustizia per parlare a suo nome, per testimoniare che Eluana aveva detto così, che Eluana avrebbe voluto cosà. Lha amata il signor presidente della Repubblica, che con accenti dolentissimi sè preoccupato acciocché la sostanza non avesse a prevalere sulla forma. Lhanno amata gli eletti dal popolo, anche se non fino al punto di rinunciare al loro week-end. Lhanno amata i giornali, che si sono industriati per spiegare ai lettori argomenti per lo più oscuri alla maggioranza di coloro che vi lavorano.
Labbiamo amata noi, gli italiani, equamente divisi fra quelli che fino allultimo non si sono rassegnati a vederla condannata al più atroce dei supplizi e quelli che hanno ostinatamente cercato in tutti i modi di farla ammazzare per il suo bene. Povera Eluana, uccisa dalleccesso di amore! Accadde la stessa cosa ad Alessandro Magno, di cui i libri di storia ancor oggi narrano che morì grazie allaiuto di troppi medici. Proprio come te.
Levidenza, sotto gli occhi di tutti, è che gli italiani non sanno più coniugare il verbo amare. Né al passato, né al presente, né al futuro. Dovrebbero andare a ripetizione. Già, ma da chi? Io unidea, politicamente scorretta ai limiti dellosceno, mi permetto di suggerirla: da Dio. Sì dallOnnipotente, un tempo Onnipresente, che invece è divenuto il Grande Assente in questa nostra società, e non certo per Sua volontà. Ma poiché il signor Beppino Englaro ha spiegato che nessuno gli può imporre i valori della trascendenza, mi fermo sulluscio del suo cuore, da ieri sera più vuoto che mai.
Se solo questo padre sventurato ce lavesse consentito, se solo avesse lasciato che sua figlia continuasse a sperimentare lo scandalo di mani pietose che per anni lhanno lavata, pettinata, nutrita, vestita, girata nel letto, portata a spasso in giardino, oggi avrei provato a consolarlo, pur reputandolo il primo responsabile di questa tragedia, con le parole di don Primo Mazzolari, un parroco di campagna col quale si sarebbe inteso al primo sguardo: «Due mani che mi prendono quando più nessuna mano mi tiene: ecco Dio». Può non crederci, ma dalle 20.10 di ieri sera Eluana è in mani sicure. E anche con le parole di un Papa che passava per buono e che un giorno confortò così i malati radunati davanti al santuario della Madonna di Loreto: «La vita è un pellegrinaggio. Siamo fatti di cielo: ci soffermiamo un po su questa terra per poi riprendere il nostro cammino». Può non crederci, ma sua figlia era fatta più di cielo che di materia.
Purtroppo gli uomini del terzo millennio ormai bastano a loro stessi. Hanno la Costituzione, il Parlamento, le Leggi, la Società Civile, la Laicità, le Opinioni, la Libertà di Coscienza e insomma un po tutto quel che gli serve per essere felici su questa Terra. Non hanno più bisogno di Dio. Per questo Dio è stato abrogato.
Allora ascoltino almeno le parole di uno psicoanalista, Carl Gustav Jung. Così saggio da ricordare a se stesso e ai suoi pazienti che «il timor di Dio è linizio della sapienza».
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it
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