RomaBocciatura annunciata, parziale, ma sostanziale.
La sentenza della Corte costituzionale sul legittimo impedimento restituisce nelle mani del giudice il potere di valutare, caso per caso, se è giustificato limpegno addotto dal premier (o dai ministri) per non comparire di fronte ai giudici come imputato. E cancella la possibilità per Palazzo Chigi di autocertificare un impegno continuativo, ottenendo un rinvio automatico delludienza di sei mesi in sei mesi.
È stata una Camera di consiglio lunga e tribolata quella cui hanno partecipato ieri i 15 giudici costituzionali. Perché malgrado la maggioranza schiacciante di 12 a 3 che alla fine ha amputato, corretto e interpretato la legge, nelle 5 ore di riunione, tra mattina e pomeriggio, ci sono stati molti spostamenti di fronte.
Votazione dopo votazione, per ben 6 volte, il gruppo che allinizio difendeva la costituzionalità della legge si è andato sfarinando e diversi giudici si sono fatti convincere della bontà di una soluzione presentata come un compromesso.
Tanto per chiarire subito la situazione, un giro di tavolo ha mostrato che se si fosse votato per la bocciatura totale avrebbe vinto il sì con 8 a 7. A questo punto, è iniziata la lunga trattativa condotta dal relatore Sabino Cassese, che ha raccolto una maggioranza sempre più ampia, a seconda dei commi dei 2 articoli di legge votati: 9 a 6, 10 a 5, 11 a 4...
Alla fine, a contrastare il picconamento delle norme sono rimasti solo in 3: Luigi Mazzella, Paolo Maria Napolitano e Alfio Finocchiaro.
Anche giudici inizialmente favorevoli alla legge, come Giuseppe Frigo e Maria Rita Saulle si sono lasciati condurre sulle posizioni della maggioranza. Mentre altri che erano stati dati per incerti, come Giuseppe Tesauro e Paolo Grossi, si sono rivelati fortemente critici sul testo del legittimo impedimento.
Cassese è partito allattacco del comma 4 del primo articolo, quello sul rinvio dei 6 mesi, sostenendone lillegittimità. Mentre ha chiesto il rigetto delle questioni sollevate dai tre ricorsi dei giudici milanesi sul comma 1 (elenco delle attività che per premier e ministri rappresentano un impedimento a presentarsi in udienza), purché fosse interpretato nel senso di lasciare al giudice la possibilità di valutazione. Questo secondo punto è rimasto, il primo è stato trasformato in bocciatura parziale. La svolta cè stata verso le 14,30, quando Cassese si è incontrato con il presidente Ugo De Siervo nella pausa-pranzo. Alla ripresa della camera di consiglio, unora dopo, è stata tentata una «mediazione» introducendo una correzione al comma 3, quello che è stato giudicato illegittimo nella parte in cui «non prevede che il giudice valuti in concreto» limpedimento.
Un intervento che sembra piccolo, ma apre una voragine nella legge: la magistratura potrà dire no a Silvio Berlusconi, se non sarà convincente, anzi inattaccabile, limpegno legato alle sue funzioni di premier che lo terrà lontano dalle aule dei processi Mills, Mediaset e Mediatrade. E ad ogni no, Palazzo Chigi potrà ricorrere alla Consulta, che ritornerà ad essere ogni volta arbitro.
I 4, poi diventati 3, difensori della legge hanno obiettato che così si «svuotava» la norma, che paradossalmente sarebbe stato meglio bocciare la legge del tutto. Ma la maggioranza è stata schiacciante.
E ora, in attesa della motivazione della sentenza, rimane in piedi il referendum Idv approvato mercoledì dalla Consulta. La Corte di Cassazione dovrà però valutare se la richiesta referendaria è ancora attuale dopo le modifiche apportate dalla pronuncia di oggi sullo scudo processuale. LUfficio del Referendum si riunirà appena sarà depositata la motivazione. LIdv chiedeva nel quesito referendario labrogazione totale del legittimo impedimento e quindi è difficile che la convocazione popolare salti.
Nel frattempo, il verdetto della Consulta viene letto in maniera diversa dalle forze politiche.
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