Che la spesa sanitaria sia stata tagliata è una di quelle leggende metropolitane perfette per ricevere applausi nei dibattiti e qualche voto alle elezioni. Una leggenda metropolitana usata soprattutto da Mdp per accusare Renzi di «macelleria sociale».
In realtà, negli ultimi 5 anni, tra il 2012 e il 2016 il calo della spesa si è verificato solo nel 2013 (-0,8%). E negli ultimi 15 anni solo in tre c'è stata una riduzione: nel 2011, 2012 e 2013, gli anni dei governi Monti e Letta. I dati dell'Istat dicono che la crescita della spesa pubblica è cresciuta dell'1,3% nel 2014, dello 0,2% nel 2015 e dell'1,2% nel 2016. L'anno scorso lo Stato ha speso in sanità 112 miliardi e 182 milioni di euro, il 6,7% del Pil, rispetto ai 110 miliardi del 2012. Se alla spesa del 2016 aggiungiamo la spesa privata, ovvero quella a carico delle famiglie, si raggiunge la stratosferica cifra di 149 miliardi e 500 milioni pari all'8,9% del Pil.
La verità è che con l'invecchiamento della popolazione è ovvio che aumentino le spese sanitarie (e, infatti, aumentano). Quello che semmai potrebbe far pensare è il fatto che la spesa che le famiglie decidono di affrontare autonomamente cresce più velocemente della spesa pubblica: da 31 miliardi e 324 milioni del 2012 si è passati a 33 e 930 nel 2016. Come mai? Probabilmente il dibattito andrebbe spostato sullo scivoloso terreno della qualità della sanità pubblica più che sui tagli (che non ci sono stati) e, soprattutto, sugli sprechi che sono ancora a livelli insopportabili. Lo dimostra, ad esempio, la spesa farmaceutica suddivisa per Regioni. Il sito di datajournalism Truenumbers.it ha elaborato i dati del ministero della Salute secondo i quali un campano spende (o, meglio, fa spendere al sistema pubblico) 217,58 euro l'anno in medicine, pillole, sciroppi, iniezioni, ecc. Un pugliese costa 213,11 euro l'anno e un calabrese 204,53. Quelli che costano meno sono i bolzanini, 128,70 euro l'anno a testa, gli abitanti dell'Emilia Romagna 132,16, e i toscani 141,61. Se si vuole parlare di aumentare la spesa sanitaria, occorre prima cercare di capire questa ingiustificabile disparità di spesa pubblica e correggerla.
Se è vero, come è vero, che la spesa pubblica per la sanità aumenta, è anche vero che aumenta anche l'acquisto di servizi da privati in convenzione. Tra il 2002 e il 2016 praticamente tutte le Regioni italiane, fatta eccezione per l'Abruzzo e la provincia di Bolzano, hanno aumentato la spesa destinata alle strutture private convenzionate al punto che se nel 2002 il 17,8% della spesa pubblica veniva usata per comprare servizi da strutture private, nel 2016 si è arrivati a oltre il 20%. La Regione che ha aumentato di più questo capitolo della spesa sanitaria è stata il Molise con un +9,6% seguita dalla Lombardia con il 6,5% e dalla Sicilia con il 5,5%.
In ogni caso, nonostante sprechi assurdi come quelli per la spesa farmaceutica, la sanità italiana, senza subire tagli, è stata risanata. Negli ultimi 10 anni, tra il 2006 e il 2016, la maggior parte delle Regioni che erano in deficit sono riuscite a rientrare, alcune addirittura ad andare in attivo. L'operazione di contenimento dei costi ha funzionato soprattutto nel Lazio, che nel 2006 aveva un deficit regionale-monstre di quasi 2 miliardi ed è riuscito a ridurlo a 163 milioni. Il Piemonte è passato da un deficit di 328 milioni ad un attivo di 7,2 mentre la Sicilia da un rosso di oltre un miliardo è passata ad un attivo di 7 milioni nel 2016. Quelle che hanno invece fallito sono state la Sardegna, che ha più che raddoppiato il proprio deficit portandolo da da 129 a 320 milioni, e la Calabria, il cui rosso è rimasto a quota 55 milioni. La Lombardia aveva un deficit di 300mila euro nel 2006 e nel 2016 ha fatto segnare un attivo di 4,4 milioni.
La distanza, quindi, tra la percezione e i numeri, nel caso della sanità, è abissale. E sostenere che la sanità italiana abbia subìto tagli al punto da non renderla più adeguata per rispondere alle esigenze delle persone è una tesi ideologica. Come spesso succede, infatti, le nostre vere qualità sono più apprezzate all'estero di quanto non lo siano in patria.
I pazienti che dall'estero vengono in Italia a farsi curare hanno portato nel 2016 qualcosa come 5,6 miliardi di euro. Si chiama health tourism, il turismo sanitario, un settore che vale 46,9 miliardi di euro l'anno in euro l'anno in Europa e nel quale l'Italia occupa la quarta posizione.
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