Coronavirus

Ecco il nuovo decreto per le Regioni: i criteri per ripartire dal 18 maggio

Tre indicatori di allerta per le Regioni. Nel testo siglato dal ministro della Salute si sottolinea la preparazione, il grado di reattività e tenuta del sistema sanitario

Ecco il nuovo decreto per le Regioni: i criteri per ripartire dal 18 maggio

Arriva il decreto sui criteri di monitoraggio sanitario firmato dal ministro della Salute, Roberto Speranza. Interesserà in primo luogo le Regioni. Un passaggio fondamentale per ciò che dovrà accadere a livello ospedaliero e, non solo, dopo la fatidica data del 18 maggio. Il "liberi tutti" tanto atteso. Già, perché in assenza di un vaccino o di un trattamento farmacologico efficace. E a causa del livello di immunità della popolazione ancora basso, può verificarsi una rapida ripresa di trasmissione sostenuta nella comunità. Tutto questo, come anche suggerito dagli organismi internazionali, presuppone l’implementazione e il rafforzamento di un solido sistema di accertamento diagnostico, monitoraggio e sorveglianza della circolazione del virus, dei casi confermati e dei loro contatti al fine di intercettare tempestivamente eventuali focolai di trasmissione.

Sono tre gli indicatori che dovranno essere monitorati nella fase 2 della gestione dell’emergenza coronavirus. "Allo stato attuale dell’epidemia - si legge nel testo - il consolidamento di una nuova fase, caratterizzata da iniziative di allentamento del lockdown e dalla loro progressiva estensione, può aver luogo solo nel caso in cui sia assicurato uno stretto monitoraggio dell’andamento della trasmissione del virus sul territorio nazionale".

Altri presupposti sono il grado di "preparedness" (preparazione) e tenuta del sistema sanitario, per assicurare l’identificazione e gestione dei contatti. Il monitoraggio dei quarantenati, una adeguata e tempestiva esecuzione dei tamponi per l’accertamento diagnostico dei casi, il raccordo tra assistenza primaria e quella in regime di ricovero. Nonché la costante e tempestiva alimentazione dei flussi informativi necessari, da realizzarsi attraverso l’inserimento dei dati nei sistemi informativi routinari o realizzati ad hoc per l’emergenza in corso.

Per questo sono stati disegnati alcuni indicatori con valori di soglia e di allerta che dovranno essere monitorati, attraverso sistemi di sorveglianza coordinati a livello nazionale, al fine di ottenere dati aggregati nazionali, regionali e locali. Si tratta di tre tipologie di indicatori. Tre criteri: sulla capacità di monitoraggio, sulla capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti, e quelli relativi a stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari. Rispetto all’accertamento diagnostico, si valuteranno la percentuale di tamponi positivi escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e il "re-testing" degli stessi soggetti, complessivamente e per macro-setting (territoriale, PS/Ospedale, altro) per mese.

Il tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi e quello tra data inizio sintomi e data di isolamento, ma anche numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale al contact-tracing e alle attività di prelievo/invio ai laboratori di riferimento e monitoraggio dei contatti stretti e dei casi posti rispettivamente in quarantena e isolamento. La parte più delicata è quella della stabilità di trasmissione e la tenuta dei servizi sanitari: si valuteranno il numero di casi riportati alla protezione civile negli ultimi 14 giorni, l’indice RT calcolato sulla base della sorveglianza integrata dell’Istituto superiore di sanità (si utilizzeranno due indicatori, basati su data inizio sintomi e data di ospedalizzazione), il numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella COVID-net per settimana (opzionale), ma anche il numero di accessi in pronto soccorso con classificazione ICD-9 compatibile con quadri sindromici riconducibili a Covid-19. E soprattutto il tasso di occupazione dei posti letto totali di terapia intensiva e di quelli in regime di ricovero ordinario.

La fase di transizione dell’epidemia di Covid-19, scrive il ministero, si propone di proteggere la popolazione, con particolare attenzione per le fasce più vulnerabili. E di mantenere un numero di casi di infezione limitato e comunque entro valori che li rendano gestibili da parte dei servizi sanitari del Paese. I criteri da valutare sono il mantenimento di un numero di nuovi casi di infezione da Sars-Cov-2 stabile ovvero un aumento limitato nel numero di casi nel tempo e nello spazio, che possa essere indagato in modo adeguato e contenibile con misure di controllo locali.

E, inoltre, il mantenimento o riduzione del numero di casi di trasmissione in strutture che ospitano popolazioni vulnerabili (cluster in ospedali, Rsa, altre strutture assistenziali, case di riposo) e assenza di segnali di sovraccarico dei servizi sanitari. Le soglie definite negli indicatori proposti sono mirate a monitorare il mantenimento di questi criteri. Sono inoltre identificati valori di allerta che devono portare a una valutazione del rischio congiuntamente nazionale e delle Regioni interessate, per decidere se le condizioni siano tali da richiedere una revisione delle misure adottate/da adottare ed eventualmente anche della fase di gestione dell’epidemia.

Insomma, ci sarà massima attenzione sulle Regioni per quanto riguarda la diffusione del virus. Il "liberi tutti" è ormai è a un passo. Si spera non ci saranno colpi di coda del virus. Ma, se ciò dovesse accadere, il ministero sarà lì pronto a rispondere all'attacco. Il ministero della Salute, infatti, tramite apposita cabina di regia, che coinvolgerà le Regioni, province autonome e l’Istituto superiore di sanità, raccoglierà le informazioni necessarie per la classificazione del rischio e realizzerà una classificazione settimanale.

Speriamo che questo basti.

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