Cronache

"Vivere con la spina staccata", la lotta di Margherita ​con la sindrome di Rett

Margherita, 7 anni, la sindrome di Rett e un futuro appeso alla ricerca scientifica. La mamma racconta "la bimba dagli occhi belli"

"Vivere con la spina staccata", la lotta di Margherita ​con la sindrome di Rett

Margherita, ha sette anni, non cammina, non parla, non riesce a muovere le mani. Per mangiare ha bisogno del sondino naso-gastrico. Margherita ha la sindrome di Rett, una malattia neurologica provocata nella maggior parte dei casi da mutazioni spontanee del gene MECP2, la seconda più diffusa dopo la sindrome di down. Colpisce solo le bambine limitando il loro sviluppo cognitivo e motorio: non parlano, non camminano. Per comunicare con il mondo usano gli occhi. Ma "la sindrome delle bimbe dagli occhi belli" è subdola e difficile da diagnosticare. Sfugge anche all'amniocentesi.

"Quando è nata - racconta a IlGiornale.it Giuditta, la mamma di Margherita - era una bambina sanissima". Poi, a 14 mesi inizia il calvario della regressione. "È come se a un impianto elettrico perfetto avessero improvvisamente staccato la spina". A un certo punto ha smesso di parlare. Non chiama più per nome i fratelli. Non mangia più da sola. Le sue manine cominciano a muoversi in modo strano per poi smettere del tutto di reggere giochi, cibo o qualunque altro oggetto. La sindrome di Rett è imprevedibile. Bisogna vivere giorno per giorno ed essere sempre pronti a nuove prove da superare. A quattro anni arriva anche la prima crisi epilettica. Diventa cianotica, non respira più. Margherita ce la fa e gli attacchi, grazie ai farmaci, diventano gestibili. L'estate scorsa una polmonite fulminante la tiene quasi un mese in terapia intensiva. Ce la fa ancora. Ma adesso per nutrirsi le mettono la Peg, la gastrostomia percutanea endoscopica: una sonda che viene inserita direttamente nello stomaco e che fuoriesce da un foro praticato sull’addome. Mamma Giuditta ha imparato a usarla, ma gestire Margherita diventa sempre più difficile.

Con il Covid tutto si è complicato. "Durante il lockdown - dice Giuditta - ci hanno abbandonati. Io e mio marito, entrambi in smart working, abbiamo dovuto lavorare e al contempo prenderci cura di Margherita. Tutto senza alcun supporto. Ovviamente non sono più venuti né fisioterapista né educatrice. Ora, per fortuna, sono ritornate". Per i caregiver che si prendono cura dei bimbi con disabilità le poche sovvenzioni arrivano solo dopo infinite lotte. "Ma la forza di andare avanti, tra la difficoltà di gestione e la paura costante di una nuova crisi, te la danno quei suoi occhi, grandi e pieni di vita. Decisive, poi, le speranze che arrivano dalla ricerca scientifica".

Perché la sindrome di Rett é curabile. "È un momento propizio per lo sviluppo di nuovi approcci di terapia genica per la malattia e per le prime prospettive di applicazione clinica di questa terapia, anche grazie alla collaborazione tra ricercatori, tra ricercatori e associazioni e tra ricercatori e aziende farmaceutiche", spiega Vania Broccoli, responsabile del gruppo di ricerca su cellule staminali e neurogenesi del San Raffaele, dove guida una linea di ricerca dedicata a strategie innovative di terapia genica per la sindrome di Rett.

Per ora, la sperimentazione clinica sui topi ha dato ottimi risultati. La strada, insomma, sembra essere quella giusta. Ma secondo Salvatore Franzè, presidente dell’Associazione per la ricerca sulla Sindrome di Rett Onlus, "solo se uniamo le forze e sosteniamo i laboratori impegnati a studiarla potremmo trovarla in tempi brevi". Da qui, dopo il successo dell'anno scorso, si rinnova la collaborazione con Fondazione Telethon nella campagna di Natale (che si aprirà il 12 dicembre) per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'urgenza di raccogliere fondi da destinare alla ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare, penalizzata in questi mesi di emergenza da coronavirus.

E ridare, così, un futuro anche a Margherita e alle altre "bambine dagli occhi belli".

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