Coronavirus

È scontro sul vaccino: "Agli Usa più dosi". Poi il dietrofront

Se c'è una data, quella di oggi potrebbe dare il via ad una lunga guerra al vaccino: la casa farmaceutica Sanofi aveva promesso agli Stati Uniti il maggior numero di dosi. Scoppiata la bufera, il presidente Bogilott ha fatto un parziale dietro-front spiegando che tutto dipende da "come lavoreranno gli europei"

È scontro sul vaccino: "Agli Usa più dosi". Poi il dietrofront

È cominciata ufficialmente la guerra del vaccino. La casa farmaceutica francese Sanofi, che soltanto poche ore fa aveva promesso il maggior numero di dosi agli Stati Uniti, è riuscita a smentire se stessa dopo la bufera provocata dalle dichirazioni del suo amministratore delegato, Paul Hudson.

"Precedenza agli Usa"

"Gli Stati Uniti avranno diritto all'ordinazione prioritaria più consistente dal momento che hanno investito di più" aveva dichiarato Hudson all'agenzia americana Bloomberg. Le briciole, quindi, all'Europa ed al resto del mondo. Ma la bufera scoppiata in seguito alle dichiarazioni di Hudson hanno avuto ripercussoni talmente immediate che il presidente di Sanofi France, Olivier Bogillot, è subito comparso alla tv francese Bfmtv per un tempestivo dietro-front. "Se gli europei lavorano rapidamente come gli americani" nel sostenere la ricerca, potrebbero ottenere il vaccino allo stesso tempo, si legge su AdnKronos.

"Inaccettabile"

"Diritto al maggior pre-ordine perché ha investito nell'assunzione del rischio" legato alla ricerca, era questo il motivo della gentile concessione francese agli Stati Uniti. Il "vantaggio" statunitense, secondo le dichiarazioni, sarebbe potuto essere di giorni o settimane. In ogni caso, la dichiarazione è stata definita "inaccettabile" dalla sottosegretaria all'Economia francese, Agnès Pannier-Runacher. Il primo ministro francese Edouard Philippe ha voluto intanto rassicurare i francesi sulla disponibilità di qualsiasi vaccino contro Covid sviluppato dall'azienda. Non si è fatta attendere nemmeno la replica del presidente Macron, che in un Tweet ha scitto che "un vaccino contro il Covid-19 dovrà essere un bene pubblico mondiale. L'eguale accesso di tutti al vaccino non è negoziabile".

La collaborazione Francia-Usa

Sanofi sta lavorando a due potenziali vaccini contro il Coronavirus, uno dei quali in collaborazione con la Biomedical Advanced Research and Development Authority (Barda) americana. In una dichiarazione inviata via e-mail nella serata di ieri, la Sanofi aveva affermato che la sua produzione negli Stati Uniti sarebbe destinata principalmente al mercato Usa, mentre gli altri siti avrebbero coperto Europa e resto del mondo. In questa guerra mondiale al vaccino, non si è fatta attendere nemmeno la risposta furibonda di Stefan De Keersmaecker, portavoce per la Salute della Commissione Europea. "Il vaccino contro la Covid-19 deve essere un bene pubblico globale e l'accesso deve essere equo e universale", ha replicato ad Hudson, specificando come "insieme ai nostri partner globali abbiamo raccolto impegni per 7,4 miliardi di euro".

Il "ricatto" francese

Prima che si scatenasse la bufera, appena ieri, la Sanofi aveva fatto sapere che i vaccini andranno anche all'Europa se sarà "altrettanto efficace" nel finanziare gli studi per il vaccino. Come a dire, se non siete bravi il vaccino non ve lo diamo. "In questo periodo gli americani sono efficaci - ha spiegato il presidente Bogillot - e anche l'Ue deve esserlo altrettanto, aiutandoci a mettere a disposizione molto rapidamente il vaccino". Gli Stati Uniti, ha proseguito il manager, "hanno già previsto di versare centinaia di migliaia di euro, mentre con le autorità europee siamo ancora a livello di pourparler". Alla fine ha voluto tagliar corto affermando che "ci saranno dosi sufficienti per tutti", scrive Repubblica.

La grande bugia

Come abbiamo già trattato sul Giornale, il vaccino non potrà mai esserci per tutti contemporaneamente: l'Italia potrebbe attendere parecchio prima di ricevere le prime dosi e l'ultimo fra i vaccinati potrebbe essere immunizzato addirittura diversi anni dopo il primo. Se le fabbriche mondiali spingeranno a pieno ritmo, si potrebbero avere 5 miliardi di dosi l'anno su una popolazione mondiale che supera gli 8 miliardi. Prima di tutto, però, bisogna considerare almeno altri 12-18 mesi per la messa a punto di quello "vincente" e bisogna calcolare i tempi per produzione e distribuzione.

La "corsa" degli Stati Uniti

300 milioni di dosi entro gennaio 2021, ovviamente non destinate all'esportazione, su un campione di 14 prototipi di vaccini in fase di sperimentazione. È la gara personale degli Stati Uniti contro il tempo per vaccinare la sua popolazione. Intanto, Washington ha accusato la Cina anche di spionaggio scientifico attraverso pirateria informatica ai danni degli scienziati americani che lavorano alla messa a punto di farmaci e vaccini.

"Il vaccino deve essere di tutti"

"Vogliamo un vaccino di tutti. Non possiamo permetterci monopoli, cruda competizione o miope nazionalismo" protestano 140 leader del mondo, i cui firmatari vengono soprattutto dai Paesi in via di sviluppo. I precedenti, però, non fanno essere ottimisti. "Durante la pandemia di influenza del 2009, le nazioni ricche acquistarono tutte le dosi di vaccino disponibili" si legge su un articolo della rivista medica Jama. "L'Australia - scrive il Financial Times - autorizzò le esportazioni solo dopo aver immunizzato i propri cittadini. Perfino l'amministrazione Usa di Barack Obama ritardò la cessione ai Paesi poveri, decidendo di dare la priorità alle esigenze interne".

Non rimane che "tifare" per il vaccino di Pomezia ed Oxford, o per quello in sperimentazione allo Spallanzani, o per qualche altra novità italiana od europea nei prossimi mesi.

Altrimenti sarà dura.

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