L'Italia è uscita dallo stato d'emergenza da pochissimi giorni, ma nel mondo imperversa ancora il Covid. E, proprio ora che la Dad sta per diventare un brutto ricordo, ecco che l'infanzia dei minori viene sconvolta da continue immagini di guerra.“Nella prima fase della pandemia i bambini avevano bisogno di fare delle domande e di argomentare sul Covid. Ora, da febbraio, sta avvenendo la stessa cosa con la guerra per via della sovraesposizione delle notizie”, ci spiega la dottoressa Teresa Grimaldi Capitello, responsabile dell'Unità Operativa di Psicologia Clinica dell'ospedale Bambin Gesù di Roma.
Vedere immagini di guerra che cosa può suscitare nei bambini?
“I bambini recepiscono anche le ansie dei loro genitori e hanno bisogno di raccontare le loro emozioni e il loro disagio. Provano un grande senso di ingiustizia della guerra, soprattutto in età scolare. Il problema è che molyo spesso siamo noi a imporre ai bambini di vedere certi servizi giornalistici. Bisognerebbe prevedere un giornalismo per minori in cui il cronista spiega le immagini forti e minacciose. Essere esposti a certi video, infatti, può generare dei piccoli disagi: flashback, disturbi traumatici, disturbi del sonno, incubi non necessariamente legati alla guerra e forti sbalzi d'umore”.
Quali possono essere le loro reazioni?
“I più piccoli, tendono a mettere in atto giochi che rimandano alla guerra e a dare dei nomi di nazioni, popolazioni o personaggi di cui hanno sentito parlare. Nell'età pre-scolare chiedono cosa sia la Russia e cosa sia l'Ucraina ed è importante che gli adulti spieghino loro che il mondo è un posto sicuro e non solo imprevedibile o minaccioso. I ragazzi delle scuole secondarie hanno, invece, gli strumenti di informarsi da solo e di fare riflessioni proprie in gruppo sulla guerra”.
Cosa possono fare gli adulti per aiutarli?
“Il ruolo dell'adulto nel ridurre l'esposizione a certe immagini è fondamentale. Indipendentemente dalla guerra, un cellulare espone il bambino a una serie di immagini che potenzialmente possono non essere adatti alla sua età, a meno che non ci siano limitazioni molto forti. La scuola può aiutare a comprendere il mondo, ma non basta. Bisogna insegnare ai bambini ad autoconsolarsi e loro devono circondarsi di persone che possono calmarli. È bene che siano esposti in modo graduale alla guerra, vedendo magari un solo telegiornale al giorno. Per non subire passivamente ciò che sta accadendo è importante fare anche i gesti di generosità come regalare degli abiti ai bambini ucraini che arrivano in Italia”.
E, invece, come avete aiutato i bambini durante la pandemia?
“Durante il lockdown c'è stata una sospensione delle visite in presenza e, quindi, grazie al supporto della Regione Lazio abbiamo attivato un servizio telefonico che rispondeva alla domande dei genitori rispetto ai sintomi che manifestavano. Abbiamo, poi, attivato dei videocolloquio proprio per avere un'interazione face-to-face. Guardando i bambini in volto, nei casi di ansia, autolesionismo e deflessione d'umore, riusciamo a regolare alcune emozioni e percezioni che, ovviamente, per telefono non riusciamo a ridurre”.
È vero che durante la pandemia c'è stata una crescita dei problemi psichici e psicologici nei bambini?
“Sì, al Bambin Gesù, attraverso il servizio di psicologia clinica, lavoriamo anche per un'utenza esterna che chiede supporto sia per la diagnosi sia per i trattamenti. Durante la pandemia abbiamo visto un aumento di oltre il 20% delle richieste. Diversamente da quanto avvenuto nella medicina generale dove le visite, per cautela, sono state ridotte, in psicologia sono emersi notevoli disagi”.
Quali disturbi avete riscontrato?
“Nei più piccoli, dai 0 ai 5 anni, c'è stata un'alterazione delle routine, come l'alimentazione e il sonno, che sono frequenti negli eventi stressanti globali come la pandemia e la guerra. Nei bambini dai 7 anni in su si è visto un aumento dell'elemento ansiogeno e hanno avuto un atteggiamento iperattivo dovuto anche alla sospensione dell'attività motoria”.
Gli adolescenti, invece, come hanno vissuto gli ultimi due anni di pandemia?
“Negli adolescenti abbiamo visto comportamenti di autolesionismo che non aveva l'obiettivo di procurarsi un dolore, ma erano una sorta di scarica motoria. Hanno manifestato angoscia, aggressività verso il proprio corpo e atti di aggressività in gruppo, sia per un motivo ormonale sia a causa della mancanza di attività fisica.
Altri disturbi che abbiamo riscontrato sono la mancanza di concentrazione che ha portato un calo del rendimento scolastico. Tutto questo è stato somatizzato con mal di testa e mal di pancia. C'è stata una perdita di speranza per il futuro e un aumento di pensieri negativi per sé stessi e per il mondo".
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