Per molto tempo si sono liquidati mille anni di impero bizantino con il bozzetto di un dispotismo burocratico e passatista, dedito a mollezze levantine e a dispute ad alto rischio di rissa (si trattasse di teologia o di corse allippodromo, poco importa). Ma unimpennata degli studi sta ora mettendo in luce la splendida complessità della Roma dOriente a lungo rimasta sottotraccia.
In Imperatori di Bisanzio (il Mulino, pagg. 186, euro 11,50) Giorgio Ravegnani tratteggia lidentikit della corte di Costantinopoli. Come da copione, si incontra il rigore del cerimoniale bizantino, la ieraticità del sovrano, la cronica pulsione a tessere intrighi contro gli imperatori per trascinarli nella polvere e poi ucciderli o accecarli. Ma ci si confronta anche con un mondo fluido, in cui donne ed eunuchi potevano accumulare enorme potere e lascensore sociale poteva condurre sul trono individui nati ben lontano dalla porpora.
In Bisanzio di Mario Gallina (Carocci, pagg. 306, euro 23,70) si indaga levoluzione di uno Stato tuttaltro che immobile, forgiato dal precisarsi delle sue istituzioni, da una teologia in lotta con le eresie centrifughe e in frizione con Roma e dallincontro-scontro con gli arabi, i bulgari, i turchi e un Occidente di nuovo irrobustitosi e sempre più invadente.
Si intitola Bisanzio anche il corposo saggio di Judith Herrin (Corbaccio, pagg. 480, euro 22,60, trad. Brian A.
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