"Divento un patriota che combatte per l'Unità d'Italia"

Luigi Lo Cascio: "Ormai sono abbonato ai ruoli storici". A settembre sarà a Venezia con il film Baarìa di Giuseppe Tornatore

"Divento un patriota che combatte per l'Unità d'Italia"

Giffoni (Salerno) - «Quante volte sono stato al Festival di Venezia? Oramai non le conto più». Sarà. Ma per la precisione quest'anno Luigi Lo Cascio approderà per la settima volta al Lido di Venezia, anche se è la prima con un ruolo di contorno dopo le cinque volte in concorso (con Marco Bellocchio, Giuseppe Piccioni, Cristina Comencini...). Un cameo però che l'attore palermitano, 42 anni a ottobre, condivide con decine di colleghi in Baarìa di Giuseppe Tornatore, film d’apertura (la sera del 2 settembre) e in concorso nella Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia numero 66.

Da grande protagonista a piccola comparsa?
«Be’ sì, per certi versi per me è solo una partecipazione, ma tra le più intense della mia carriera, che, oltretutto, mi ha consentito di tornare alle origini del mio mestiere d'attore. Perché il teatro nasce con il coro, come organismo collettivo. Ecco, io nel film di Tornatore faccio parte di questo coro e, come gli altri attori, esco, mostro con poche battute il mio personaggio particolare e poi rientro nel coro».

Ma dalle prime immagini del film quello di Tornatore non sembra teatro filmato...
«Certo che no. È un film molto spettacolare, un kolossal con un respiro epico che racconta la storia della sua famiglia e del suo paese, Bagheria. Lui ci tiene tantissimo. Il racconto parte da lì all’inizio del secolo e vediamo la sua trasformazione negli anni fino ad oggi».

E il set a Tunisi?
«Fantastico. Lui è un genio, non ha voluto nessun tipo di artifici tecnologici. Io conosco bene Bagheria e lui ha veramente ricostruito il paese, ad esempio la facciata del Duomo è a grandezza naturale. Per me è stato come tornare a casa».

Un film storico proprio come «Noi credevamo» di Mario Martone che sta girando in questi giorni.
«È tratto dall’omonimo romanzo di Anna Banti ed è ambientato durante il Risorgimento con figure chiave dell'epoca come Mazzini (Toni Servillo), Cavour, Crispi (Luca Zingaretti), e figure inventate come il mio personaggio. Un patriota, uno dei tre cospiratori mazziniani che crede nell'ideale dell'Unità d'Italia e della Repubblica. Seguiamo le sue attività clandestine fino a un po' oltre l'Unità».

Anche qui sono tanti gli attori.
«Sì, circa 80 ruoli e molti interpretati da attori di teatro. Ha una scansione temporale molto ampia e finalmente il cinema fa qualcosa che ormai, per i costi, sembra spettare solo alla televisione. Il fatto poi che Martone sia un grande regista teatrale gli ha permesso di trovare il giusto tono e stile».

Non sarà anche stavolta un film in costume che parla del presente?
«Be' l'Ottocento è un momento fondativo del nostro Paese. Se lo togli dai libri di scuola ti accorgi quanto è vicino a noi. Lì ad esempio nasce la questione meridionale. A Palermo i palazzi hanno ancora i buchi delle cannonate dei borboni contro i garibaldini».

Dopo «I cento passi», «La meglio gioventù», «Buongiorno, notte», «Miracolo a Sant'Anna», «Sanguepazzo», «Gli amici del bar Margherita», lei oramai sembra abbonato ai ruoli storici...
«È vero, non ci avevo pensato. Quando si parla di storia però c'è sempre chi ha motivo di criticare. Penso però che portare al cinema Mazzini o Garibaldi - tutti barbe, capelli e divise - sia paradossalmente più semplice di Aldo Moro.

Bellocchio ha sempre difeso il suo Buongiorno, notte dicendo che non era un documentario sul terrorismo ma sulle dinamiche che si creano in cattività. Ad esempio con la figura del padre (Moro) ucciso dai “figli” brigatisti».

Come sceglie i ruoli?
«Con calma, è uno dei pochi vantaggi del fatto che si fanno pochi film in Italia».

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