E i dalemiani attaccano il "clan Ppi"

L’ala Ds pretende più spazio. Zingaretti rompe con Franceschini: è offensivo. Ed esplode lo scontro con l'ala dei popolari

E i dalemiani attaccano il "clan Ppi"

nostro inviato a Firenze

Se il litigio con i prodiani è plateale e quasi sull’orlo della separazione giudiziale, c’è un altro scontro interno più sotterraneo ma anche assai più violento che inizia a emergere nel Pd: quello tra Ds e Popolari. Non i «vecchi» Ppi guidati da Franco Marini, ma quelli «giovani» che fanno capo a Dario Franceschini e Beppe Fioroni. Uno scontro sordo che va avanti da molti mesi, da quando Walter Veltroni ha stretto un patto di ferro con gli ex pupilli (ormai disconosciuti) di Franco Marini, per riparare la propria segreteria dalla fronda interna che più teme, quella di Massimo D’Alema. Ieri l’irritazione diessina ha iniziato a tracimare e nel mirino è finito il vice di Veltroni, Dario Franceschini. Reo di aver liquidato «sprezzantemente», si infuriano nella ex (ma non troppo) Quercia, la mano tesa da D’Alema con quel reiterato «se mi volete sono pronto a collaborare» e ad entrare negli organismi di vertice del Pd.
«Sarebbe meglio dare meno interviste e lavorare di più», ha mandato a dire Franceschini all’ex ministro degli Esteri. Che, dietro le avance di D’Alema, vede l’intenzione di inserire un cuneo nella maggioranza interna e ridimensionare gli ex Ppi. Apriti cielo. «Di fronte alle questioni poste da D’Alema, e in un momento tanto delicato per il nostro partito, è riduttivo se non offensivo cavarsela con un generico “andate a lavorare”», insorge il presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti, emergente di belle speranze e considerato, nella complicata geografia interna, un veltroniano autonomo, vicino al «pontiere» con D’Alema, Goffredo Bettini. Segue a breve l’attacco di un altro dirigente laziale, Michele Meta, che ironizza sul fatto che «proprio Franceschini, che sta tutti i giorni in tv e sui giornali» rimproveri un eccesso di interviste a D’Alema. Franceschini si difende, assicura che non pensava affatto a D’Alema, e che il suo era un generico appello a darsi da fare, «l’ho spiegato anche a Massimo stamattina al telefono».
Ma il botta e risposta non chiude affatto la questione. «I Ds non si sentono rappresentati nel partito - lamenta un dirigente - e se Veltroni pensa di governare un Pd in difficoltà solo con un pezzo del Ppi e gli ex liberal della Quercia, non andrà lontano». Il cahier des doléances degli ex della Quercia è lungo, perché gli ex Ppi, «che nelle urne potrebbero valere al massimo il 3%, controllano almeno la metà di un partito del 34%». Gran parte dei posti chiave sono loro: Franceschini è il vice di Veltroni, Fioroni è a capo dell’Organizzazione e controlla il tesseramento, Antonello Soro guida il gruppo alla Camera, Piero Martino, portavoce di Franceschini, è deputato e capo ufficio stampa. «Col risultato che loro si accaparrano tutti gli spazi in tv e sui giornali», denunciano i Ds.

Che però, se ieri sera si aspettavano un segnale positivo da Veltroni, sono rimasti assai delusi: alla mano tesa dalemiana ha gelidamente risposto che sì, è bene che tutti siano coinvolti ma che il suo obiettivo è «far avanzare una nuova generazione di dirigenti», pronti a costruire «il Pd di domani, non quello di ieri».

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