E senza sparare un colpo la Libia spacca l’Europa

Ancora una volta la celebre domanda di Henry Kissinger («Ma se c’è una crisi, chi devo chiamare per l’Europa?») è rimasta senza risposta. In questo caso, a dire la verità, un numero di telefono da comporre c’era: quello di Catherine Margaret Ashton, Baronessa Ashton di Upholland, alto rappresentante per gli Affari esteri della Ue. Il problema è che nessuno ha sentito la necessità di farle uno squillo. Un ulteriore segnale, forse ormai definitivo, di come la nobildonna inglese abbia fallito il suo compito di ministro degli Esteri europeo. E di come la soluzione fino ad ora trovata per dare un’unica voce al vecchio continente si sia rivelata del tutto inadeguata.
Così, in questi giorni più che mai, l’Unione ha affrontato l’emergenza in ordine sparso. E stavolta ci si è addirittura trovati di fronte a una situazione inedita: i due Paesi accusati di formare un direttorio che fa il bello e il cattivo tempo a Bruxelles si sono presentati al Consiglio di Sicurezza dell’Onu con due posizioni radicalmente opposte: la Francia, rappresentata dal ministro degli Esteri Alian Juppé, è stata la vera artefice della risoluzione «bellica» contro Gheddafi (e ora spera di guidare la spedizione militare); la Germania, al contrario, ha trascinato i piedi, astenendosi. È questa, sul piano diplomatico, la sorpresa più grande: Berlino ha deciso di isolarsi dai suoi partner europei per votare insieme agli ex nemici della Guerra fredda Russia e Cina e ai «terzomondisti» India e Brasile.
La svolta ha provocato gli interrogativi degli analisti internazionali e un infuocato dibattito politico interno. Angela Merkel e il suo ministro degli Esteri Guido Westerwelle sono sembrati ieri in difficoltà, spiegando che l’atteggiamento tedesco non era «da confondersi con una posizione neutralista». Quasi per rimediare al passo falso con la Nato i due hanno promesso che manderanno i loro Awacs, gli aerei radar, ad aiutare gli americani a tenere d’occhio i cieli dell’Afghanistan, consentendo loro di liberare apparecchi per l’impegno in Libia. Una novità assoluta: fino ad ora Berlino si era risolutamente opposta a un maggior sforzo sul fronte di Kabul.
Il fatto è che la Merkel ha un problema: tra 8 giorni nel Baden Württemberg ci sono le elezioni regionali. E dal voto dipende il futuro del suo governo. Per la prima volta in 50 e passa anni la regione potrebbe passare al centro-sinistra. La catastrofe nucleare giapponese ha messo in difficoltà la cancelliera, che deve fare i conti con un Paese in maggioranza contrario all’atomo (Baden Württemberg in testa). Così la Merkel si è affrettata a cambiare passo sulle centrali nucleari ancora attive in Germania. E ha valutato di non potersi permettere di aprire un altro fronte con un impegno militare che si sarebbe scontrato con la situazione di una Bundeswehr già in difficoltà per l’impegno afghano e con un’opinione pubblica sempre molto diffidente verso operazioni militari all’estero.
Tutt’altra la situazione invece in Francia. Qui Sarkozy legge ogni giorno i sondaggi che preparano le elezioni presidenziali dell’anno prossimo. Secondo i più recenti l’inquilino dell’Eliseo non arriverebbe neppure al ballottaggio, battuto sia dal socialista Dominic Strauss Kahn, sia da Marine Le Pen. Le rivolte di Egitto e Tunisia hanno dimostrato che Sarkò in Africa del Nord ha sbagliato tutto o quasi: Ben Alì e Mubarak erano due dei pilastri su cui voleva l’Unione mediterranea, progetto politico-diplomatico a cui aveva legato molti dei suoi sogni di grandezza. In più il suo governo (sia il premier Fillon, sia l’ex ministro degli Esteri Alliot-Marie) avevano mostrato una sospetta vicinanza con i corrotti regimi al potere.

Ce n’era abbastanza (anche trascurando le accuse del figlio di Gheddafi, che dice di avergli pagato la campagna elettorale) per cambiare politica e fare la faccia feroce. Soddisfando la mai sopita ideologia internazionalista e umanitaria delle élite francesi.

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