Roma

Ecco tutte le immagini «famose» dell’Iliade

Nica Fiori

Le radici classiche del nostro passato sono indubbiamente legate all’Iliade, un poema sulla guerra che ancora oggi appare attuale per quegli «infiniti lutti» che ogni guerra necessariamente comporta. Proprio a questo notissimo poema omerico viene dedicata la mostra del Colosseo «Iliade» (aperta fino al 18 febbraio del prossimo anno), che intende illustrare con ceramiche dipinte, sculture e affreschi le immagini poetiche che maggiormente hanno colpito l’immaginario degli antichi «lettori» del poema epico, a partire dal celeberrimo episodio iniziale dedicato proprio all’ira di Achille fino ai poetici e strazianti funerali di Ettore.
Curata dal Soprintendente archeologico Angelo Bottini e da Mario Torelli (catalogo Electa), la mostra segue fedelmente il poema evidenziandone i suoi versi più celebri, tradotti per l’occasione anche in inglese.
La caduta di Troia, descritta invece nell’Odissea, in mostra è solo suggerita dal mitico cavallo di legno, mentre la Tabula Iliaca, una microscultura dai Musei Capitolini, racconta - tra le altre cose - la fuga di Enea col figlio Ascanio, destinata ad aprire la strada alla nascita di nuovi miti, culminanti con la fondazione di Roma.
Il percorso espositivo si apre con un pezzo d’intonaco proveniente dagli Horti Sallustiani, che con i suoi graffiti in caratteri greci ci fa capire come la lettura dell’Iliade a Roma fosse fondamentale per acquisire una buona istruzione. Alcuni ritratti di Omero, il poeta che forse non è mai esistito, testimoniano il desiderio nelle varie epoche di volergli dare un volto, caratterizzato da un atteggiamento ispirato e occhi da cieco.
Fondamentale per capire l’Iliade è l’accenno agli antefatti, tra cui il giudizio di Paride e il successivo suo matrimonio con Elena, sottratta al primo marito Menelao. Le successive sezioni sono dedicate agli dei e agli eroi, sia greci sia troiani. Achille, Patroclo, Agamennone, i due Aiaci, Diomede e Ulisse da un lato; Ettore, Paride, Priamo, Enea dall’altro.
Statue e teste marmoree delle divinità, tutte di età classica, ricordano come le stesse partecipino a tutti gli eventi mitici a cominciare da Teti, la ninfa marina madre di Achille rappresentata in atteggiamento pensoso nella splendida scultura di Palazzo Massimo. «Oh me infelice, oh me sciagurata che ho generato un figlio perfetto e potente, eccelso fra gli eroi», le fa dire Omero alludendo all’infelicità che le arrecherà la morte del figlio, destinato a morire in guerra a dispetto del tentativo materno di renderlo immortale. Zeus, Ermes, Apollo, Ares, Atena e Afrodite, presente in mostra con la celebre Aphrodite Charis, proveniente dal Palatino, hanno una bellezza olimpica, pur nell’umanizzazione dei loro tratti. Bellissima è la testa di Ermes, copia romana di Policleto, di recente acquisizione comunale e ora per la prima volta esposta al pubblico.
Tra le altre opere particolarmente raffinate ricordiamo l’anfora del Pittore di Achille, prestito eccezionale dei Musei Vaticani. Priamo con la figlia Cassandra viene raffigurato in una splendida pittura pompeiana. Sempre da Pompei proviene il dipinto perfettamente conservato del sacrificio di Ifigenia, la figlia di Agamennone che la dea Artemide salva in extremis mettendo al suo posto una cerva.


Orario: tutti i giorni 8.30-19

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