La Cina riempie di liquidità le banche
30 Dicembre 2017 - 08:43In arrivo 1.000 miliardi di yuan che rischiano di far esplodere il debito del Paese
Il prossimo 16 febbraio inizia in Cina la Festa di Primavera. È il capodanno nell'ex Celeste impero, festeggiato con pranzi, petardi e buste rosse. Piene di denaro. È il tripudio del denaro cash, una lunga muraglia di contante che obbliga le banche a fare il pieno di liquidità. Per evitare guai (leggi credit crunch), la People's Bank of China (Pboc) ha deciso di mettere a loro disposizione fino a 1.000 miliardi di yuan (circa 153 miliardi di dollari). Il meccanismo funziona così: i requisiti legati alle riserve prudenziali vengono abbassati per 30 giorni di due punti, al 15%, permettendo di liberare risorse destinate ai prestiti.
Non è la prima volta che la banca centrale cinese usa questo strumento di alleggerimento, ma quest'anno la mossa sembra preoccupare più di un osservatore. Soprattutto se i principali istituti di credito, ben capitalizzati anche secondo il Fondo monetario internazionale, faranno da ponte per girare la liquidità aggiuntiva alle banche medie e piccole, molto meno virtuose sotto il profilo della copertura del rischio e molto più opache dal punto di vista della gestione. Ma, più in generale, ad allarmare è l'esponenziale crescita avuta nell'ultimo anno e mezzo dai volumi di credito.
Con il lievitare del debito complessivo cinese (Stato, famiglie e imprese), ora al 274% del Pil, la Pboc ha gettato alle ortiche la stagione della politica monetaria ultra-espansiva per serrare i ranghi, disponendo controlli sui movimenti di capitali e dando alcuni giri di vite ai tassi, l'ultimo dei quali deciso questo mese.
Il governatore Zhou Xiaochuan ha però un problema. E piuttosto grosso: il premier Xi Jinping vuole briglie più sciolte per sostenere la crescita economica e la transizione verso un'economia più orientata sui consumi interni e sui servizi. Per l'anno prossimo gli analisti già prevedono un rallentamento della crescita. L'aumento del Pil dovrebbe quindi essere inferiore al 6,8% messo a segno in settembre. Ciò potrebbe rappresentare un problema non solo per Pechino ma per tutto il pianeta. La regola generale, infatti, è che una diminuzione dell'1% della crescita cinese si traduce in un calo dello 0,25% del Pil globale.
L'Fmi, però, sembra più preoccupato della stabilità finanziaria, da anteporre ai target di sviluppo economico. «Gli obiettivi ufficiali di crescita regionale e gli aiuti alle aziende per evitare perdite di posti di lavoro rischiano di condurre a un marcato aumento del debito, specie a livello delle amministrazioni locali», sottolineava un recente report del Fondo. Che suggerisce anche la ricetta per le banche: «Con il patrimonio degli asset bancari cinesi che ha raggiunto i 34.700 miliardi di dollari, tre volte il Pil del Paese (11.
200 miliardi), detenere più capitali ha spiegato l'organismo guidato da Christine Lagarde rafforzerebbe il sistema bancario e così la stabilità finanziaria».