Il credito c'è, ma per gli amici A secco famiglie e imprese

Il credito c'è, ma per gli amici A secco famiglie e imprese

Calo record dei prestiti bancari alle imprese nel mese di ottobre. È quanto rivela il supplemento al Bollettino statistico di Bankitalia. In particolare, i finanziamenti al settore privato (aziende+famiglie) hanno registrato una contrazione del 3,7% su base annua a quota 1.426 miliardi di euro.
La statistica è una somma della flessione «monstre» delle erogazioni alle aziende (823 miliardi, -4,9%) e di una restrizione moderata degli impieghi alle persone fisiche (-1,3% a 603 miliardi). L'aumento esponenziale delle sofferenze (+22,9% a 147,3 miliardi) può giustificare solo parzialmente il trend negativo dell'operatività, perché la crisi economica è solo uno dei fattori - seppur decisivo - che determinano le performance delle singole gestioni.
Ad esempio, la raccolta attraverso depositi è aumentata del 5,4% a 739,3 miliardi più che compensando il calo delle obbligazioni (-7% a circa 890 miliardi). Può dunque la recessione giustificare l'allontanamento delle banche dal loro core business principale?
La risposta è ovviamente negativa. E una prima spiegazione arriva dalla stessa Banca d'Italia. Nel mese di ottobre i titoli di Stato nel portafoglio delle banche del nostro Paese ha sfiorato la simbolica cifra di 400 miliardi di euro (399,5 miliardi per la precisione), aumentando del 17,5% rispetto allo stesso mese del 2012. Questo significa che, sebbene le più grandi abbiano avviato la restituzione dei finanziamenti ricevuti dalla Bce due anni fa, la maggior parte degli istituti di credito continua a comprare Btp per lucrare sulla differenza tra il tasso agevolato concesso dall'Eurotower e il 2-3% che i nostri govies sulle durate medio-brevi offrono quando vengono collocati.
In seconda istanza, occorre ricordare come molte banche siano state messe in difficoltà da politiche di concessione del credito spesso legate a «conoscenze» piuttosto che dalla valutazione del giusto merito.
È il caso di Banca Marche (su cui hanno pesato anche investimenti immobiliari sbagliati), di Carige, di Tercas e buona ultima di BancaEtruria. Ieri l'istituto aretino ha reso noto che questa settimana si riunirà il cda per rendere noti i rilievi formulati da Bankitalia nell'ispezione conclusasi lo scorso 5 dicembre e iniziata a marzo.
Un'investigazione a tutto campo che aveva già costretto i vertici della banca ad accelerare l'aumento di capitale da 100 milioni nell'estate scorsa. Ora è possibile che emergano nuove posizioni critiche che costringeranno il gruppo guidato dal dg Luca Bronchi a ulteriori accantonamenti. Ieri il titolo ne ha sofferto perdendo il 2,12 per cento.
Lo stesso discorso si può fare per gli istituti del Nord-Est che, chi più chi meno (da PopVicenza a Veneto Banca alla stessa Antonveneta in quota Mps) hanno dovuto confrontarsi con uno tsunami che ha portato alla chiusura di molte imprese. Ma occorre anche verificare se proprio la vicinanza tra finanziatore e finanziato non abbia giustificato l'erogazione di credito anche a chi non era più in grado di restituirlo penalizzando gli altri.
È vero: l'Ltro era un prestito a tre anni e dunque le banche potevano impiegarlo solo esponendosi su durate analoghe e non ad esempio per concedere mutui a famiglie e imprese.


Ma c'è da dire che la strategia utilizzata rischia ora di rivolgersi contro lo stesso ceto bancario perché l'Eurotower, sotto spinta tedesca, ha già fatto sapere che l'asset quality review e gli stress test terranno conto dei bond governativi in portafoglio e quelli italiani, come noto, non sono di «prima fascia».

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