Economia

"Dall'inizio del conflitto l'Italia ha perso l'1% di Pil"

A due mesi dall'inizio della guerra in Ucraina, Lorenzo Zurino del Forum italiano dell'export ha fatto un primo bilancio sulle perdite italiane

"Dall'inizio del conflitto l'Italia ha perso l'1% di Pil"

È tempo di fare i primi bilanci economici sulle conseguenze della guerra scatenata da Putin in Ucraina. Che ci sarebbero state importanti conseguenze anche per il nostro Paese era noto a tutti fin dall'inizio ma ora che queste sono stati stimate in maniera concreta, l'intero contesto appare più che mai preoccupante. È Lorenzo Zurino, presidente del Forum italiano dell’export, a tracciare una prima linea preoccupante dell'attuale situazione economica, tratteggiando però anche gli scenari futuri e possibili strade da percorrere per tentare un recupero.

"Secondo le stime dell’Upb, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, l’Italia ha perso circa un punto percentuale di Pil in meno di due mesi di conflitto. Siamo in un momento tragico, che colpisce non solo l'Europa ma il mondo intero e questo incide, di conseguenza, sul commercio estero", ha spiegato Zurino che mettendo il focus sui mancati guadagni rispetto al mercato russo, sottolinea che le perdite in quel caso ammontano a circa 7,7 miliardi di export. Cifre elevatissime che non devono però trarre in inganno, perché le perdite sono state elevate anche su altri mercati: "Se è vero che il valore della nostra esportazione in Ucraina supera i 3 miliardi, dobbiamo iniziare a dire che stiamo perdendo 11 miliardi di euro di prodotto italiano. Dobbiamo quindi renderci conto che questa guerra, dal punto di vista economico, ci costa più di 10 miliardi di fatturato e le sue conseguenze rischiano di ripercuotersi negativamente su tutto l’export italiano, rappresentando una batosta pesantissima".

Dall'analisi fatta da Lorenzo Zurino emerge che a essere maggiormente colpite sono state le piccole imprese, che si concentrano prevalentemente nei settori degli alimentari, della moda, dei mobili, del legno e dei metalli. Loro "vendono in Russia prodotti per 2.684 milioni di euro, pari al 34,9% delle nostre esportazioni nel Paese. Con l’inevitabile rottura dei rapporti, avremo gravi conseguenze sui flussi commerciali, riportando ulteriori effetti sul prezzo dei beni energetici e delle materie prime, con conseguenti ripercussioni sul settore agroalimentare italiano, che rappresenta quasi il 10% del fatturato totale dell’export dell’Italia in Russia".

Con un volume di esportazioni così elevato verso la Russia, spiega Zurino, "il blocco significa la morte del Made in Italy. Non è possibile pensare che si ricomincerà da zero dopo la pace, la guerra ci avrà rubato tempo passione". Un'eventualità da evitare, senza dimenticare che l'export potrebbe diventare una leva importante per arrivare a una soluzione di pace. "Fin dall’inizio della guerra ho sostenuto che il commercio estero potesse essere una leva per abbattere i muri e creare invece 'ponti' di pace. E qui torno sull’importanza di utilizzare gli strumenti dell’Istituto per il commercio estero.

Attraverso il Forum italiano dell’export diciamo da anni che la presenza capillare di sedi in tutto mondo dell’Ice, se utilizzata con competenza, intelligenza, massima organizzazione e, sfruttando appieno tutte le potenzialità dell’ente, può fare la differenza per il rilancio del nostro Made in Italy", ha concluso Zurino.

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