Questa potrebbe essere la volta buona per la creazione di una rete unica attraverso l'integrazione dell'infrastruttura di Tim con quella di Open Fiber, la joint venture di Enel e Cassa Depositi & Prestiti (azionista anche di Tim con il 4,9% del capitale). Sempre che la governance di Tim si stabilizzi e decida di seguire questa direzione.
«Tim si deve sedere attorno a un tavolo con Open Fiber, cosa che stanno facendo finalmente. Sono tre anni che diciamo questa cosa», ha detto ieri l'amministratore delegato di Enel Francesco Starace, all'indomani dell'apertura del numero uno di Tim, Luigi Gubitosi. Fino a dicembre, Starace definiva invece «fantascienza» l'idea di una rete unica. Piano sponsorizzato dal governo sia per mettere al riparo da mani straniere una infrastruttura strategica come la rete sia per evitare costose duplicazioni.
«L'ipotesi di rete unica Open Fiber-Tim, dal punto di vista logico e teorico, ha oggettivamente dei vantaggi ma, per dare un giudizio definitivo, bisogna vedere come, a che costi e in che termini e con quale coinvolgimento di una o dell'altra società» ha dichiarato Angelo Marcello Cardan, presidente dell'Agcom.
«Siamo pronti ad aprire un tavolo con Open Fiber con l'obiettivo di esplorare possibili sinergie che possono andare da accordi commerciali, co-investimenti, sino anche ad una possibile combinazione complessiva delle due infrastrutture», aveva rilanciato solo pochi giorni fa Gubitosi, in attesa della presentazione del piano industriale fissata per il 21 febbraio, per poi rinviare a un secondo momento il tema del controllo della rete.
Un cambio di rotta netto rispetto alla gestione Vivendi, primo socio di Tim con il 23,9% ma che la scorsa estate è stato scalzato dal controllo del cda per mano del fondo Usa Elliott. Il gruppo francese propende infatti per una separazione solo societaria della rete in rame (le stime si attestano su una valorizzazione tra i 7 e i 12 miliardi, mente per la rete in fibra di Open Fiber si parla di 4 miliardi). Un'ipotesi quest'ultima su cui l'Agcom ha espresso un parere negativo, pur rinviando il verdetto definitivo.
«Gubitosi deve prima fare una serie di passi all'interno della sua azienda, per sapere prima se resta amministratore delegato, poi se all'interno dell'azienda si vuole separare la rete e poi se si vuole unire con Open Fiber» ha poi precisato Starace, sottolineando come «accordi commerciali» siano possibili, così come forme di coinvestimento su alcuni tratti.
Ancora una volta, si prepara però la guerra per il controllo di Tim. A meno di un anno dal ribaltone ad opera dell'alleanza tra Cdp ed Elliott, Vivendi combatterà per ottenere la rivincita sul campo con l'assemblea del 29 marzo, in cui sarà discussa la revoca di cinque consiglieri dei dieci espressi dall'azionista americano (tra cui il presidente Fulvio Conti). «Siamo azionisti di Telecom Italia per sempre, per l'eternità», ha puntualizzato in italiano l'ad di Vivendi Arnaud de Puyfontaine, in una intervista a Le Figaro.
De Puyfontaine ha quindi ribadito come il titolo Tim abbia perso il 45% in Borsa dall'insediamento del nuovo vertice. Il fondo di Paul Singer nel frattempo ha affilato le armi salendo dall'8,8% al 9,4% del capitale di Tim, una mossa che ha contribuito ad abbassare il prezzo di carico dei titoli a 0,52 euro.
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